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Catena Fiorello: “Felice di essere una outsider. Jebreal e Leotta? Non utili alla causa donne perché…”

Catena Fiorello è felice di essere una outsider. La scrittrice si racconta in una intervista rilasciata ai microfoni de ‘Il Corriere della Sera’

Catena Fiorello: “Felice di essere una outsider. Jebreal e Leotta? Non utili alla causa donne perché…”. È la sorella del noto showman ma è anche una scrittrice eccelsa ed apprezzata che sta per uscire (il prossimo 5 marzo) con il film «Picciridda», tratto dal suo romanzo, di cui lei è sceneggiatrice e Paolo Licata regista. La scrittrice ha rilasciato una intervista ai microfoni de ‘Il Corriere della Sera’. Ve ne proponiamo alcuni stralci.

Sul film. «Ci ho messo otto anni a fare questo film, perché è cinema d’autore e non una commedia ridanciana. Oliver Stone al Festival di Taormina mi disse: mi porterò dietro l’intensità dello sguardo della Picciridda».

Per quanto riguarda il suo cognome, la scrittrice ne va fiera, ma ci tiene a precisare un aspetto: «In Italia si vive sulle raccomandazioni, non si può credere che uno possa andare per la sua strada», spiega raccontando di come si è fatta strada: «Ho condotto dignitosamente programmi, ma non ho fatto niente per fare tv, consapevole che era pericoloso perché domani avrebbero detto che sono raccomandata dai due fratelli famosi. Rosario mi consigliò di usare lo pseudonimo, gli risposi: il nostro cognome ce l’ha dato papà. I libri mica me li scrive Fiorello, né lo porto alle presentazioni».

Una strada iniziata facendo da assistente al fratello. «Vent’anni insieme. Si creò un vuoto, lui “lasciò” Cecchetto, mi chiese di dargli una mano come assistente. Andavo in banca per lui, gli facevo la spesa e da avvocato… Eravamo come una ditta. Mi sono divertita, ho imparato tutto da mio fratello. Ero specializzata nei “no”. Mike Bongiorno voleva fare un programma negli Stati Uniti con Rosario, che ha la fobia degli aerei, non sapevo come dirglielo. Mike fu comprensivo».

Catena Fiorello: “Felice di essere una outsider. Modernità? Quando le donne non saranno costrette a monologhi”

A proposito dei fratelli, Catena Fiorello chiarisce una sua dichiarazione fraintesa: «I miei fratelli maschilisti? Hanno frainteso. Dico che la società è maschilista. Beppe si infastidisce se parliamo di noi tre e blocca in partenza le domande. Io rispondo: vuoi sapere cosa facevamo da ragazzi? Quello che facevi tu, con tuo fratello e tua sorella. Ma io sono quella di mezzo, poi c’è mia sorella Anna che ha un negozio di ceramiche siciliane a Roma, ed è una artista a suo modo».

Un cognome, tra l’altro, che in alcune circostanze pesa. «Una cosa rimprovero a tanti critici: se i miei fratelli gli stanno antipatici, senza nemmeno sapere cosa c’è scritto stroncano i miei libri. Si fanno le recensioni tra di loro, si autocelebrano, non accettano che in famiglia tre persone facciano lavori diversi nello spettacolo. E allora i figli di Ugo Tognazzi? Io sono felice di essere una outsider».

A Sanremo abbiamo assistito a diversi monologhi a proposito della violenza sulle donne. Catena Fiorello non è d’accordo sui metodi e spiega: «La vera modernità sarà quando noi donne non saremo costrette a fare i monologhi per dire: guardate che ci siamo anche noi. Se Rula Jebreal deve raccontare quella bella storia drammatica per attirare l’attenzione, tutta questa parità non c’è. E se Diletta Leotta dice che la bellezza è un dono, non aggiunge qualcosa alla buona causa delle donne».

Sul Festival e la partecipazione del fratello: «Ha partecipato a una festa per celebrare il suo amico Amadeus […] Quanto al Festival, ricorderemo del look di Achille Lauro e amo il vincitore Diodato, ma le canzoni eterne sono quelle di De André e di Mina».

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