Coronavirus, il primo allarme fu censurato dal Governo cinese e quello che è accaduto al primo medico che lanciò l’allerta
Coronavirus, primo allarme censurato dal Governo cinese, quando lo scorso 15 gennaio una famiglia si presenta all’ ospedale di Wuhan con nausea e forti dolori all’ addome, infatti nessuno ancora immagina cosa sta per accadere: una metropoli di 11 milioni di abitanti in quarantena, con i trasporti totalmente bloccati. Nessuno pensa a prendere le minime precauzioni: niente mascherine, nessun isolamento per chi mostra sintomi da influenza. Eppure, un segnale c’ era stato.
Sottovalutato. Anzi, censurato dalle autorità cinesi. Per ricostruire questa vicenda bisogna riportare indietro le lancette di 17 giorni. Il primo allarme È il 30 Dicembre. Su un gruppo wechat chiamato “University of Whuan, clinic 2004” Li Wenliang manda questo messaggio: «Confermati 7 casi di Sars provenienti dal mercato di frutta e pesce». Quindi Wenliang mette in chat la diagnosi e le foto dei polmoni di alcuni pazienti.
Altro messaggio di Li: «I pazienti sono ora isolati nella sala di emergenza». Un’ ora dopo un nuovo messaggio, che però proviene da un altro dei partecipanti alla chat: «Stai attento, il nostro gruppo wechat potrebbe essere cancellato». L’ ultimo messaggio che si legge è di Li: «Confermato che si tratta di coronavirus, ora stiamo cercando di identificarlo, fate attenzione, proteggete le vostre famiglie». Li Wenliang non è una persona qualsiasi ma un medico, e il gruppo wechat è composto dai laureati nel 2004 all’ Università di Whuan.
La censura
Pochi giorni dopo questo scambio di messaggi, è il 3 gennaio, la polizia bussa alla porta di Wenliang e gli sottomette un foglio, una cosiddetta «nota di ammonizione». Il testo è lungo ma il contenuto è chiaro: «Stai diffondendo parole non veritiere in rete. Il tuo comportamento ha gravemente disturbato l’ ordine sociale. Hai violato il regolamento dell’ amministrazione della pubblica sicurezza».
Li, in realtà, non è l’ unico medico a rendersi conto che si sta diffondendo un nuovo virus pericoloso. Altri otto hanno inviato gli stessi messaggi di avviso. Anche loro inizialmente erano convinti che fosse in corso un nuovo caso di Sars e che si stesse diffondendo molto rapidamente. Ma nel frattempo, anziché ringraziare Li per aver lanciato in tempo l’ allarme su una possibile nuova epidemia, le autorità locali decidono di redarguirlo.
Il che significa che la sua licenza ora rischia di essere revocata. Intanto, il 3 gennaio le autorità sanitarie dichiarano che non c’ è alcun segno evidente di trasmissione da uomo a uomo, che nessuno staff medico è stato contagiato. Eppure, in tanti sono già a conoscenza del rischio: uno studio pubblicato su Lancet il 24 gennaio riferisce che dal 1 all’ 11 gennaio i medici contagiati sono già 7 su 248 totali. Eppure, passeranno altri 17 giorni (è il 20 gennaio) prima che il Comitato di Salute cinese dia la conferma che il virus può diffondersi da persona a persona.
L’ intervento tardivo
Il 22 gennaio il virus si è già diffuso nelle principali province della Cina – con l’ unica eccezione del Tibet – ci sono oltre 570 casi confermati e le morti salgono a 17. A questo punto l’ amministrazione locale non può più ignorare la gravità della situazione. Alle due del mattino del 23 gennaio parte un avviso per i residenti della città: trasporti pubblici, autobus, treni, voli e servizi di traghetto verranno sospesi. Lo shutdown totale viene dato alle 2 ma non viene implementato sino alle 10.
Per proseguire il racconto di questa storia bisogna ritornare alla vicenda della famiglia che il 15 gennaio si era presentata all’ ospedale di Wuhan. I sintomi dei 4 erano quelli di una gastroenterite, ma qualche giorno dopo due dei componenti di quella stessa famiglia vengono contagiati da quello che ancora nessuno sapeva essere il nuovo virus micidiale e che ora viene identificato con la sigla 2019-nCoV il cui profilo genetico è simile alla Sars per quasi l’ 80%. Li Wenliang, il medico che per primo ha lanciato l’ allarme sul contagio sul gruppo di Wechat, è ora ricoverato in ospedale perché infetto dal coronavirus e così anche la sua famiglia. Poche ore fa ha pubblicato tutti i documenti sul suo blog personale Weibo (fonte: La Stampa).
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