Teresa De Sio si racconta, dal suo ultimo lavoro discografico alla vita privata e professionale, in una intervista rilasciata ai microfoni di Tgcom24
Teresa De Sio si racconta: “Quello che mi è successo in questi 4 anni mi ha cambiata”. L’artista napoletana parla a tutto tondo dal suo ultimo lavoro discografico alla vita privata e professionale, in una intervista rilasciata ai microfoni di Tgcom24.
Hai appena pubblicato il singolo che dà il titolo all’album. La ritieni la canzone più rappresentativa?
“‘Puro desiderio’ dà il titolo a tutto il disco intanto perché credo che il desiderio sia uno dei motori che fanno muovere il mondo. Forse anche più dell’amore, perché l’amore è un desiderio realizzato. Mentre il puro desiderio è una spinta in avanti. E poi tutti abbiamo desideri che possiamo condividere. Mi sembrava quindi potente come parola e come idea, da farlo diventare titolo di tutto il disco”.
E la canzone?
“E’ molto intima, mia. E’ il mio primo disco, ma soprattutto questa canzone, autobiografica. Io per scrivere ho sempre guardato intorno, agli altri e alle storie degli altri. E invece, per tutta una serie di vicende abbastanza tempestose, che hanno attraversato la mia vita in questi quattro anni, mi sono trovata dall’altra parte con un nuovo modo di scrivere e una nuova creatività, che mi ha insegnato a guardare dentro me stessa. Quindi anche le turbolenze di questi anni mi hanno aperto a una visione più interiore, più profonda e, se vuoi, anche più sentimentale”.
Quindi è cambiato il suo modo di scrivere?
“Assolutamente sì. Non soltanto la scrittura ma anche tutta la realizzazione sonora. Questo è un disco che vede anche l’organizzazione del suono in maniera differente. Ho lavorato molto bene con il mio arrangiatore, un pianista strepitoso e giovanissimo che si chiama Francesco Santalucia, e con il mio produttore, Romeo Grosso. Insieme a loro abbiamo coniato questa lingua musicale, che è fatta di suoni acustici ed elettronici. Per me molto nuovo ma indispensabile per accompagnare la novità della scrittura”.
Dialogo tra tradizione e contemporaneità. A tal proposito c’è anche la collaborazione con Ghemon.
“Lui è bravo, pieno di sentimento, intelligente e sensibilissimo. Non sono cose facili da trovare tutte insieme nello stesso artista. Ci siamo conosciuti e riconosciuti un anno e mezzo fa sul palco del Primo Maggio di Taranto. E ci siamo scambiati molte parole. Ho trovato in lui questi pregi e lui mi ha detto che la mia musica è stata per lui un viaggio seminale. Quindi fare qualcosa insieme è stato naturale”.
E’ la prima volta che il tuo mondo incontra quello dell’hip hop?
“No, anzi. Questa incursione non è figlia della wave del momento. La prima volta che ho fatto questa cosa è stata nel 1995, con uno dei primi rapper napoletani, che è Speaker Censu. E all’epoca mi diedero della pazza. E invece adesso è pane collettivo”.
Cosa ti incuriosisce di più dei nuovi movimenti musicali?
“Io sono un’appassionata di hip hop sin dagli albori, ho seguito sin dall’inizio Public Enemy e altri. Mi affascinava questo lavoro che trasportava il linguaggio da quello poetico a quello più crudo della strada. E che faceva uscire la canzone dal luogo della metafora per portarla nella realtà. Poi è ovvio che anche in quel mondo ci sono quelli bravi e quelli fasulli. E quelli fasulli purtroppo sono un botto…”
Ma vedi segnali interessanti nelle nuove generazioni?
“Ho avuto modo di testare da vicino la situazione avendo fatto parte della commissione di Area Sanremo. Per quanto ci fossero anche ragazzi bravi e con una profonda sensibilità, nella maggior parte dei casi ho purtroppo avuto modo di vedere come sono cambiati i contenuti. Che quasi sempre sono più poveri”.
E questo è figlio di un inaridimento della proposta artistica o questa viene compressa dal sistema?
“La seconda che hai detto. La proposta artistica oggi viene pilotata fortemente dai media, dal web, dalla tv e dai talent. Inoltre, artisticamente, la mia generazione è fiorita in un periodo di benessere del nostro Paese. Negli anni 80 non si pensava alla musica come a un lavoro, ma per esigenze più profonde, per raccontare la realtà. Oggi ho la sensazione che molti si buttino nella musica perché vedono in essa una via di uscita dalla mancanza di lavoro”.
Teresa De Sio ‘Puro desiderio’
Negli ultimi anni ti sei espressa anche come scrittrice, pubblicando due romanzi. Questo ha influito anche sul tuo modo di scrivere musica?
“No, sono due piani completamente diversi. Scrivere un romanzo non equivale a scrivere 100 canzoni, sono linguaggi diversi. La canzone è come uno scatto fotografico, che necessita sintesi, brevità. E inoltre le parole devono combinarsi con la musica, che non è cosa di poco conto. Per questo quando mi dicono che le mie canzoni sono poesie mi sottraggo sempre. Le mie canzoni sono canzoni, la poesia è un’altra cosa”.
E il romanzo?
“E’ il momento dell’analisi. Dove puoi entrare nella storia che vuoi raccontare, viverci dentro e viverci insieme, lasciare che gli spazi si allarghino in modo spontaneo. E’ bellissimo mettere a camminare nel mondo dei personaggi che prima non esistevano, con un altro respiro rispetto a quello delle canzoni”.
Hai in progetto di scriverne un altro?
“Sì, a dire il vero lo sto scrivendo ma con fatica perché le ore a disposizione sono sempre troppo poche e le mie attività sono molteplici e tutte molto stancanti. Inoltre ho scelto un tema molto difficile che richiede una grande preparazione tecnica e storica prima, quindi devo anche studiare moltissimo”.
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