Denise Capezza, Gomorra e non solo. L’attrice napoletana si racconta in una intervista rilasciata ai microfoni della rivista Vanity Fair
Denise Capezza: “Gomorra? Perché è stata un’esperienza intensa. La mia famiglia non è alla “bell ’e mammà”. L’attrice napoletana si racconta in una intervista rilasciata ai microfoni della rivista Vanity Fair.
Ha lavorato nella Gomorra di Sky e in Baby di Netflix. Il 21 dicembre sarà al Teatro Sannazaro di Napoli, protagonista di After the end.
«Fin da bambina, mi è sempre sembrato di interpretare dei personaggi. Mi veniva spontaneo esprimere quello che provavo. E per me, passare dalla danza alla recitazione è stato naturale».
Il suo esordio è stato in Turchia, in una serie televisiva.
«Sono partita da sola. Ero felice. Passavo tutto il giorno sul set, dove gli attori erano un po’ meno viziati. Alcune volte, le scene arrivavano il giorno prima delle riprese. Giravamo un episodio a settimana, ma erano dei veri e propri film. Mi è capitato di lavorare dalle 8 del mattino fino alle 8 del mattino del giorno dopo».
Che cosa le ha lasciato quell’esperienza?
«Sono cresciuta come artista e come essere umano. Integrarsi con una cultura completamente diversa dalla tua ti aiuta a sviluppare la capacità di convivere con gli altri, di capirli. Istanbul è una città meravigliosa, ricca di arte e di cultura».
Ma?
«La situazione politica è sempre stata sul filo del rasoio, complicata. Ho conosciuto artisti e persone che si sono sempre schierati contro la politica di Erdogan rischiando la vita. Ero in Turchia durante le manifestazioni di Gezi Park. La gente scendeva in piazza con passione. Quel movimento è diventato il simbolo della lotta per la democrazia. E io ho vissuto quella parte di Turchia».
In che senso?
«Supporto il coraggio di quelle persone che manifestano nonostante tutto, nonostante il pericolo. In Italia tendiamo a dare per scontate molte cose».
Denise Capezza: “Gomorra? Perché è stata un’esperienza intensa”
Dopo la Turchia, è tornata a Napoli.
«Sono rientrata perché un’altra serie che avevo girato, ambientata in Kurdistan, era stata fermata; raccontava una storia tra curdi e turchi, e dopo tre episodi la produzione non era riuscita a trovare un distributore. In quel momento ho deciso di tornare qui. Mi è stato proposto il provino per Gomorra e quando ho ottenuto la parte sono stata molto contenta».
Perché?
«Gomorra è stata un’esperienza intensa. Giri in location vere, vissute, e senti il luogo d’appartenenza del personaggio che interpreti. C’è una ricerca profonda di realismo».
Secondo lei, le donne che ha interpretato – prima in Gomorra, ora in Baby – hanno qualcosa in comune?
«Sono dei ruoli diversamente drammatici. Sono due storie al limite. Ma è per questo che sono due personaggi così interessanti. La fortuna di fare il nostro mestiere, di recitare, è quella di poter interpretare ruoli completamente diversi da noi».
È stato difficile?
«Marinella è una vittima della camorra e in un certo senso anche una carnefice. Natalia invece è una vittima consapevole del mondo della prostituzione. È molto controversa, imperscrutabile. Marinella, a modo suo, è stata facile da comprendere psicologicamente, Natalia no».
Questi ruoli sono eccezioni o le capita spesso di leggerne di così particolari?
«È stata una fortuna interpretare questi due personaggi in Gomorra e in Baby, perché avevano qualcosa da raccontare, mentre in molti casi ti vengono proposti provini dove devi essere solo carina e non hai nulla da dire. Io e il mio agente lottiamo ogni giorno per scardinare questi pregiudizi».
E il cinema?
«Il cinema non privilegia i ruoli femminili, e questo – direi – è un dato di fatto. Ma sono convinta che alla lunga il lavoro e la volontà porteranno dei risultati».
Perché passare al teatro adesso?
«In un certo senso c’è più libertà. Anche il teatro è un mondo abbastanza chiuso. E quando vieni dalla televisione, farsi accettare è veramente difficile. Ma qui hai la possibilità di scavare nel profondo, di sudare per un ruolo, di lavorare intensamente. Sei in un non-luogo dove può succedere qualunque cosa e puoi davvero diventare chiunque. Provi, e provi sinceramente».
Non è così altrove?
«A volte mi arrabbio per come vanno le cose. Come si dia tutto per scontato. Se uno ha un nome, in Italia può vivere di rendita. Quasi non importa il lavoro che fa. Allo stesso tempo, ci sono tanti attori, alcuni anche molto bravi, che restano nell’ombra, totalmente ignorati. È un sistema che dovrebbe avere più fame».
Lei è ambiziosa?
«La mia famiglia non è alla “bell ’e mammà”: mia madre è una donna molto risoluta. Mi ha sempre detto: se recitare è quello che vuoi fare fallo, ti sostengo. Ma rimane una donna con i piedi per terra. Ed è questa la lezione più importante che mi ha dato: essere umile, oltre l’ambizione».
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