Philippe Daverio: “Rai? Davo fastidio a Piero e Alberto Angela”, il divulgatore scientifico intervistato da Alessandra Menzani per “Libero quotidiano”
Philippe Daverio: “Rai? Davo fastidio a Piero e Alberto Angela”, il divulgatore scientifico ha rilasciato una intervista ai microfoni della collega Alessandra Menzani per “Libero quotidiano”.
Come è nata la rubrica Muagg?
«La genialità non è mica la mia, sa? Antonio Ricci e mia moglie ogni tanto si sentono e hanno tramato alle mie spalle. Mi dispiaceva non fare più tv».
Che rapporto ha con Antonio Ricci?
«È molto simpatico, riesce a nascondersi dietro l’ ironia. Questo progetto è ironico nel suo significato antico. L’ ironia era un metodo della maieutica. Consiste nello spostare il punto di vista. Per chi si occupa di comunicazione artistica diventa una chiave molto interessante».
A Striscia mostra le bellezze italiane che si possono ammirare senza pagare. Cosa vedremo nelle prossime settimane?
«Mi concentro su Milano e Roma, perché non ho molto tempo. Il Duomo di Milano visto da fuori è uno dei miei mantra. Ma non solo. Saremo a Verona e in Piazza San Marco a Venezia, un grandissimo museo all’ aperto gratis. In questi giorni vado a Bergamo, città lombarda praticamente a un passo da Milano ma che raramente un meneghino pensa come gita domenicale. Ma sbaglia. A Bergamo Alta è come se fossimo in una città toscana. Pensiamo alla basilica di Santa Maria Maggiore, con sculture e tarsie più belle del mondo, alla cappella del Colleoni. Sono sempre meno, oggi, le cose che si possono vedere gratis, ma cerco di spingere la gente a una psicologia diversa del viaggio».
Cosa ne pensa della decisione del ministro della cultura Franceschini di reintrodurre le domeniche gratis ai musei, tolte da Bonisoli?
«Sono pienamente d’ accordo. Il ministro che c’ era prima era vittima delle strutture interne del dicastero che tendono a un conservatorismo perenne. Franceschini, nel 2014, ha fatto una riforma innovativa. L’ idea dei direttori di museo stranieri ha dato vitalità. L’ esempio di Brera è molto buono. Ma rimane il problema annoso di Palazzo Citterio».
Con Striscia andrà anche al Sud?
«Sì. Voglio fare la Sicilia e un po’ di Napoli. Io sono un “terronista”. Faremo vedere luoghi totalmente ignoti, come ad esempio Cracco in Calabria, una città fantasma sui cui dovremmo fare dei ragionamenti. Dovremmo per esempio tirare le orecchie a Bruxelles: perché non ci danno i soldi per mettere a posto?».
Cosa dovrebbe fare di più la politica per la cultura?
«Innanzitutto, fare un pensiero nel bilancio nazionale, che dice? In cultura noi spendiamo un quarto rispetto ai tedeschi, e abbiamo molta più roba. I francesi spendono due volte e mezzo più di noi. Avendo molte più cose, noi abbiamo molti più dipendenti: la maggior parte dei finanziamenti vanno in spese per il personale. Dunque poco in investimento e promozione. Una volta, si ricorda?, la Rai faceva l’ Intervallo, quello con le pecorelle e la musichetta. Oggi nemmeno quello».
Diceva che le manca avere un suo programma: Passepartout, su Raitre, era un gioiellino.
«Mi divertivo. La tv di Stato è una grande associazione benefica, una forma di redistribuzione politica in cui ora non rientro. Passepartout è stato uno dei programmi più replicati della storia, adesso hanno smesso dopo che io ho domandato: “Come la mettete con i diritti d’ autore?’».
In tv c’ è spazio per la cultura?
«Molto ridotto. Ci provano gli Angela, Piero e Alberto. Hanno un feudo di natura ereditaria, forse gli davo un po’ fastidio. Non lo so, a pensare male degli altri si fa peccato ma a volte si indovina».
Lo diceva Andreotti.
«Forse non vogliono che altri vendano panini davanti alla loro pasticceria…».
Angela a parte?
«C’ è Sky Arte che fa cultura all’ inglese, il cui approccio è classista: la tv per loro deve essere pop, meno colta. L’ approccio italiano è più trasversale, gli unici che la fanno di questo tipo sono quelli di National Geographic che però ha mezzi mostruosi: un’ ora di trasmissione costa cifre molto alte».
Lei che si definisce «orgogliosamente non laureato alla Bocconi», cosa pensa dei ministri senza laurea?
«Non sono laureato in economia, ma sono ordinario universitario di architettura. La vita spesso è laurea più importante, ma non per questo i ragazzi non si devono iscrivere: ne abbiamo tre volte in meno dei tedeschi. Per me la scuola dell’ obbligo, qualsiasi essa sia, anche professionale, dovrebbe durare fino ai 22 anni».
E la politica? Dopo la giunta Formentini e l’ impegno con Filippo Penati, ha chiuso?
«Beh. Recentemente ho fatto la campagna per +Europa: sono europeista, penso di aver fatto guadagnare un bel pezzo di elettorato. Ho fatto una bellissima stagione negli anni Novanta con Formentini a Milano e sono molto fiero del lavoro svolto perché la città di oggi è quella che pensammo allora. I milanesi sono più felici rispetto ai romani perché sanno che domani staranno meglio di ieri. Come i bergamaschi».
Questione di fiducia nel futuro?
«Fiducia fortificata con lo scopo sull’ onda del progresso. L’ onda di regresso genera depressione».
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