Franca Valeri si racconta in una lunga intervista. La nota attrice ripercorre una parte dei suoi 99 anni molti dei quali trascorsi nel mondo dello spettacolo
Franca Valeri si racconta in una lunga intervista rilasciata ai microfoni di ‘Io e Donna’. La nota attrice ripercorre una parte dei suoi 99 anni molti dei quali trascorsi nel mondo dello spettacolo.
A 99 anni (compiuti) Franca Valeri non ha perso carattere. Cipiglio. Le parole escono lente ma esatte, efficaci e mai prevedibili.
«Ora il mio spettro è la noia, la vita non è più divertente».
Una banale caduta nel 2017, cinque costole rotte, l’obbligo di muoversi solo in sedia a rotelle. In vista c’è però un diversivo: il 5 ottobre sarà al festival L’Eredità delle donne, a Firenze.
«Un luogo del cuore! L’anno scorso il sindaco mi ha dato le chiavi della città. Belle, le ho messe qui (e indica una vetrinetta nella sala piena zeppa di quadri e di ninnoli, ndr): la città non l’ho ancora aperta!» scherza.
Perché, la comicità femminile è diversa?
“Be’, un po’ sì: per la donna il proprio problema – cioè l’uomo – è sempre in primo piano”.
I comici, invece, possono prescindere dalla donna?
“Sì, e allora spesso non fanno ridere… (risatona) Le signore spiritose sono le più pericolose, non le gatte morte: colpiscono i maschi nei loro difetti. Il principale è il sesso. Ci tengono assai, guai se non l’avessero!
Noi ci teniamo di meno?
Sì. Incredibile, ma è vero. Pur essendo una delle grandi conquiste del Novecento…”.
Assieme a quali altre?
“A tante e… inutili! Quegli elettrodomestici futuristici, per esempio, e poi non si sa neppure cucinare!”.
La libertà sessuale è “inutile”?
“Ooooh sì! Esiste di per sé, è un istinto.
E che opinione ha sul #MeToo?
Ommadonna, si esagera! Probabilmente ci hanno preso gusto. Come la tragedia delle accuse a quel bell’uomo di Placido Domingo. Ridicola. E ha una moglie gelosissima: non l’avrebbe passata liscia”.
Le è capitato di subire avance indesiderate?
“No. Ci sono persone che non “chiamano” le avance. E, comunque, non sono mai indesiderate: piace vedersi corteggiate, specie da un uomo celebre.
Una posizione impopolare”.
È così, in realtà.
“Del resto, è Impopolare pure sostenere – come nel suo caso – che “Il dolore era pur sempre un grande svago”.
Questa vita facilitata al massimo non è stimolante, era nobile affrontare difficoltà, perché la testa degli uomini lavorava di più. E, qualche volta, pure quella delle donne. Non sempre: erano più occupate nei loro compiti, nella maternità, nelle fatiche della casa. Io ho preferito mettere davanti a tutto il mio lavoro. Che non è un lavoro comune”.
La felicità più grande chi gliel’ha data?
Il teatro, il successo. Ero una gigiona, l’applauso mi appagava completamente. Una specie di estasi. No, non mi sono mai chiesta le ragioni “psicoanalitiche”… Si trattava di un dato di fatto. Avevo un’attitudine alla gioia: sapevo cogliere gli attimi (la felicità è latente, sta negli attimi). E sapevo di chi circondarmi, chi mi andava a genio”.
Che posto ha assegnato all’amore?
“Il secondo, benché considerevole. All’inizio era al primo”.
Quando è stato declassato?
“Dopo un anno o due, appena ho iniziato a ottenere riconoscimenti. Mi hanno parecchio distratto”.
E i suoi compagni l’hanno accettato?
“Sono stata abilissima: mi sono destreggiata tra loro e la carriera mooolto bene! Sono stata anche brava a tenere sotto controllo la gelosia, non ho mai messo fine a una storia per un tradimento. Sono stata più gelosa di Maurizio (il direttore d’orchestra Maurizio Rinaldi, ndr) che di Vittorio (l’attore e regista Vittorio Caprioli, ndr) perché c’era di mezzo la musica, che per me rappresentava una passione immensa. Anzi, il nostro rapporto era fondato sulla musica: c’è stato un lungo periodo in cui abbiamo creato un concorso per cantanti. E pensi che tenero Roro (Roro III, diminutivo ispirato all’Aroldo di Verdi, uno degli spaniel “Cavalier King Charles” che si sono succeduti al suo fianco, ndr): seguiva con attenzione e non mostrava di annoiarsi! Ha fatto persino delle particine, alle prove è stato il bimbo di Madama Butterfly”.
Roro IV intanto vigila accanto a lei e, con curioso tempismo, fanno capolino nel salotto i due gatti.
‘Sono Coco e Paolino. Lo sa perché si chiamano così? Una per la gran bellezza e l’eleganza, come Coco Chanel; l’altro porta il nome di un amico poeta Paolo Buzzi, che ha ospitato me e la mamma durante le persecuzioni (Franca, che all’anagrafe si chiama Norsa, è di famiglia ebraica, ndr). Mi ha deliziato suonando il piano e leggendomi i più grandi romanzi del tempo”.
A proposito, ha come ciondolo al collo la stella di David.
“Me l’ha portata da Israele un’amica soprano che era andata a esibirsi: l’ho apprezzata tanto che da allora non l’ho tolta. Senza considerare che sono orgogliosa del mio essere nata ebrea, ho amato questa distinzione, benché – per cause terribili – durante la guerra siamo stati battezzati. Insensato. Oh! (si interrompe) Roro si è addormentato. Caro, caro cagnolino…”
Oggi è credente?
“Mai stata praticante, né da una parte né dall’altra. La mamma ripeteva che ormai sono tutti atei e, in fondo, aveva ragione: pochi sentono la religiosità”.
Di sua madre parla parecchio nell’autobiografia del 2010, Bugiarda no, reticente.
“La battuta era proprio sua: «la Franca non è bugiarda, è reticente» scherzava. Una donna parecchio affascinante e parecchio brava. Adesso mi sto dedicando a un altro libro che “mi piomba” nel passato: parla dei miei nonni. Credo di aver avuto sempre una specie di filo diretto con loro. Parto dal nonno paterno, un uomo importante, aveva dato alla famiglia la ricchezza, ma non dimentico la nonna materna, che invece era una massaia, cuciva tutto il giorno. Aveva alle spalle un’esistenza difficile, avendo perso il marito e due figli. La sua morte è stata un colpo, avrò avuto undici anni. Più o meno l’epoca, in cui è stata scattata quella foto… (indica, sulla parete, l’immagine di una chicchissima adolescente)”.
Era già raffinata.
“È un piacere che ti vuoi concedere. Sono stata sempre piuttosto attenta al vestire, mai sciammannata. I miei mi avevano abituato così, da piccola papà mi portava addirittura gli abiti da Parigi. Adorava vedermi elegante”.
Franca, ci ha regalato tante risate intelligenti. Ma chi ha fatto ridere di più lei?
“In casa mia si rideva, i miei erano spiritosi: la mamma era una comica nata e papà assai ironico. Poi Vittorio, mio marito. E Alberto Sordi, per lunghi anni. La cosa curiosa è che durante i film eravamo legatissimi e affiatatissimi, improvvisavamo (compreso il famoso “Cretinetti!” di Il vedovo, ndr); finite le riprese, non ci si vedeva più… Era un tipo particolare, inventore di se stesso. Fra le amiche, Nora Ricci (sua collega in due sceneggiati di Giuseppe Patroni Griffi, ndr). Però, per essere sincera, sapevo tirargliele fuori io, le battute…”.
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