Rudy, figlio di Umberto Smaila, si racconta in una lunga intervista rilasciata ai microfoni della rubrica “Figli d’arte” del quotidiano ‘Il Giornale’
Rudy, figlio di Umberto Smaila, si racconta in una lunga intervista pubblicata nella rubrica “Figli d’arte” del quotidiano ‘Il Giornale’.
Come nasce a casa tua l’amore per la musica?
“Fin dall’infanzia perché mio padre ha un rapporto molto stretto con la musica. Piano piano ho capito che poteva diventare un lavoro. A soli 19 anni ho subito seguito papà nelle sue serate e nelle attività imprenditoriali, legate allo Smaila’s in Sardegna. Ho fatto il corista per diversi anni e nel frattempo canticchiavo di nascosto per i fatti miei. Avevo molte remore soprattutto perché la gente avrebbe potuto pensare che ero un privilegiato per il fatto di essere ‘figlio d’arte’. Temevo anche che si facessero continui confronti con lui. Poi ho preso coraggio e mi sono buttato…”.
E com’è andata?
“Direi bene. Io alla fine potevo contare su un po’ di gavetta accumulata alle spalle. Non sono mai stato con le mani in mano. Ho anche puntato a fare tante altre cose come il cinema, la radio e la tv. Alla fine ho scelto la musica. Devo comunque molto a mio padre”.
Cosa ti ha insegnato?
“Ad avere coraggio e mi ha subito avvisato che all’inizio ci sarebbero state difficoltà. ‘Abbiamo sempre un pubblico davanti pronto a giudicare’ mi diceva, perciò ha sempre ritenuto opportuno mi facessi le ossa sin da subito perché non sarebbe stata una passeggiata di salute. Nella musica è stato fondamentale perché mi ha sempre consigliato di scegliere un repertorio che fosse variegato e legato al pubblico che mi ascoltava quella sera”.
Ci sono delle frasi di Umberto che ti sono rimaste impresse nel tempo?
“Che questo nostro mestiere è bello, ma al contempo che non dipende da noi. Il ‘fare bene’ viene dato per scontato, ma poi siamo dipendenti dalle persone che ci fanno lavorare, dalle persone che credono in noi. Non bisogna perdersi d’animo e quindi muoversi sempre. Soprattutto è importante non farsi prendere dal sottofondo malinconico che esiste sempre negli artisti. Poi mi ha insegnato che non bisogna mai crogiolarsi troppo nei bei momenti legati del passato. L’artista deve vivere molto il presente”.
Hai recitato per il cinema in “Vita smeralda” e “Torno a vivere da solo” di Jerry Calà…
“Sono molto legato a Jerry anche perché è il mio padrino! Comunque il mondo del cinema è davvero complicato, ma in tutti gli ambiti artistici c’è tanto sacrificio e lavoro alle spalle. Se non hai un talento enorme e spicchi subito, devi anche essere forte per affrontare momenti difficili. Per quello che mi riguarda ho fatto le mie esperienze, non ho una dizione perfetta, ma ho avuto anche la possibilità di lavorare con Vanzina, Adriano Giannini e Serena Autieri in ruoli più drammatici. Mi sono impegnato davvero per il cinema, un mondo che va veloce, non puoi far perdere a tempo a nessuno… Comunque mi piacerebbe rifare questa esperienza, non lo nego”.
Nel 2006 hai partecipato anche a “Ballando Con le Stelle”. Sei pure un ballerino?
“E’ stata una delle mie prime esperienze in tv, ho un bellissimo ricordo di Milly Carlucci e le sono grato per avermi voluto nel cast. Ero convinto di essere un grande ballerino ma non lo ero! Mi sono messo di muso buono a lavorare sodo e alla fine sono riuscito a vincere anche contro Tiberio Timperi che aveva il favore del grande pubblico. Sono soddisfazioni!”.
Hai un sogno nel cassetto?
“Sono diventato un po’ più fatalista in questo mestiere, ma anche per vivere un po’ meglio. L’importante è lavorare e fare bene. Sogno di lavorare sempre più e mi piacerebbe diventare presto papà”.
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