Le diagnosticano tumore per sbaglio e le esportano lo stomaco per errore. Nei guai due chirurghi
Le diagnosticano tumore per sbaglio e le esportano lo stomaco per errore. Il pm di Monza Alessandro Pepè ha disposto, infatti, la citazione diretta a giudizio per lesioni colpose gravissime di due medici, in qualità rispettivamente di «primo» e «secondo» chirurgo all’epoca, e la prossima udienza del processo in corso a Monza, davanti al giudice Angela Colella, è fissata per il 17 settembre.
La Multimedica spa è stata citata nel dibattimento come responsabile civile dal legale della donna. L’avvocato Cioppa ha evidenziato «insieme all’inaudita gravità del comportamento negligente ed imperito mantenuto dagli imputati, l’incomprensibile ed inaccettabile indifferenza mostrata sia da questi, sia soprattutto dalla struttura sanitaria in cui questi operavano ed operano, nei confronti delle sorti della paziente e delle immani sofferenze a lei inferte».
Secondo l’imputazione, la 53enne, che per circa dieci mesi, dopo l’intervento di gastrectomia totale del 4 aprile 2016, non riuscì più ad avere una vita normale («ha perso 30 kg da allora», spiega il legale), diede il «consenso informato» a quell’asportazione per una «diagnosi di tumore maligno dello stomaco rivelatasi totalmente sbagliata e priva di qualsiasi riscontro».
I due medici, «componenti l’equipe che ha prescritto, programmato, gestito ed effettuato l’intervento», tra le altre cose, come scrive il pm, hanno «interpretato in maniera completamente errata la Egds (esofago-gastro-duodenoscopia,ndr) e la Tac addominale del 31 marzo 2016». E hanno «formulato un’errata diagnosi di carcinoma gastrico» senza «attendere l’esito delle biopsie eseguite». Assenza di esiti di cui non hanno informato, sempre secondo l’accusa, la donna. Né le avrebbero spiegato «le ragioni della scelta di eseguire un’asportazione totale rispetto alla possibilità di procedere ad una asportazione parziale dell’organo».
In più, sempre come ricostruito dal pm, nel corso dell’intervento non hanno eseguito biopsie per «acquisire ulteriori elementi di valutazione». E non hanno nemmeno rispettato le «linee guida in materia che impongono, ove possibile, di privilegiare un’asportazione parziale». Lo riporta ‘Il Messaggero’.
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