Barbareschi: “Ho comprato un Teatro”. L’attore e produttore parla del suo ultimo lavoro rivelando anche qualche retroscena sulla vita privata
Barbareschi: “Ho comprato un Teatro dove ho investito incoscientemente tutti i miei risparmi…”. L’attore e produttore parla del suo ultimo lavoro rivelando anche qualche retroscena sulla vita privata. Di seguito l’intervista rilasciata ai microfoni di ‘OFF’, l’inserto de ‘Il Giornale’.
Qual è il ruolo più difficile tra attore e produttore?
“Quello dell’ attore è il mestiere più bello del mondo e io sono orgoglioso di esserlo. Vorrei vivere tutta la vita facendo teatro: non a caso ho comprato il Teatro Eliseo di Roma dove ho investito incoscientemente tutti i miei risparmi (ride, ndr). J’accuse è un progetto nato tanti anni fa e, nonostante produrre sia molto complicato, sono fiero di aver consegnato al pubblico un film che è di un’ attualità sconcertante. E’ un film molto importante per Polanski e sono felice dei premi che ha ricevuto”.
Qual è la forza di questo film?
“J’accuse è un film pulito, che racconta la verità così com’ è. Il protagonista del film non è un ebreo: è un uomo che non ama gli ebrei come Alfred Dreyfus ma che decide di difenderlo perché accusato ingiustamente. E’ questo il messaggio più importante del film: rispettare gli altri per quello che sono, in quanto esseri umani”.
Cosa pensa delle polemiche che hanno accompagnato il film?
“Vorrei lasciarle alle spalle. Il film ha partecipato ad una meravigliosa mostra del cinema dove viene giudicata solo l’ arte che deve essere sana e libera. L’ arte non ha un colore morale altrimenti, per esempio, dovremmo abbattere la Cappella Sistina per la condotta di Michelangelo. Solo Dio può giudicare”.
L’ Europa è ancora percorsa da ondate di antisemitismo: cosa può fare il cinema?
“Il cinema può fare tanto. J’accuse ha una funzione educativa importante soprattutto per le nuove generazioni che leggono poco e non conoscono bene la storia. Consiglio un libro di Jonathan Sacks, capo rabbino di Londra, dal titolo “Non nel nome di Dio”, dove parla di un cambiamento climatico culturale. Facendo un paragone con i repentini cambiamenti climatici, gli estremismi hanno tolto la centralità del pensiero moderato occidentale. Forse una soluzione potrebbe essere ripartire dalla nostra tradizione giudaico-cristiana”.
Come si svolge una sua giornata tipo lontano dai riflettori?
“Mi alzo tutte le mattine alle 5, faccio una passeggiata, studio un paio di
ore e poi sono pronto per i miei sei figli e tutte le persone che lavorano con
me”.
Un episodio off all’inizio della sua carriera?
“Quasi 40 anni fa ero un giovane produttore e attore, il cui sogno più grande era partecipare al Festival di Venezia. Mi presentai all’ Anica e consegnai al grande Franco Mariotti le copie del film Summertime: ricordo che arrivai all’ appuntamento sudato e stravolto perché a quei tempi le pellicole erano conservate in scatole, chiamate “pizze”, che pesavano tantissimo. Il film poi fu selezionato e presentato al Festival di Venezia del 1983 nella sezione De Sica dove vinse il premio per la migliore opera di esordiente”.
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