Pino Aprile: “Bar devenetizzati prima di una serie di iniziative”. Il giornalista e scrittore parla ai microfoni dell’edizione veneta de ‘Il Corriere della Sera’
Pino Aprile: “Bar devenetizzati prima di una serie di iniziative. Il Sud ha aperto gli occhi…”. Il giornalista e scrittore parla ai microfoni dell’edizione veneta de ‘Il Corriere della Sera’. Vi proponiamo l’intervista integrale.
Pino Aprile, com’è nata questa iniziativa?
«In occasione delle ultime elezioni politiche, la mia pagina Facebook “Terroni” aveva chiesto ai candidati di sostenere il diritto del Mezzogiorno ad avere una spesa pubblica proporzionata almeno alla popolazione, se non addirittura al territorio. In questi mesi il gruppo “Agenda Sud – Calabria” ha portato avanti l’impegno e adesso ha rilanciato la rete dei bar devenetizzati. Il concetto è «aiutiamoli a casa loro», e questa iniziativa è solo la prima di una serie: i gruppi attivi sono molti, intanto partiamo col vino e poi si vedrà».
Ma perché avete scelto proprio il Veneto, e non altre regioni «autonomiste» come Lombardia o Emilia Romagna?
«Perché la regione capofila dell’autonomia è questa: il Veneto vuole istituire l’apartheid come norma costituzionale, il resto sono solo chiacchiere e tabacchiere di legno, come dicono a Napoli. Inoltre il riconoscimento dell’Unesco alle colline del Prosecco ha fatto accantonare questo tipo di percorso per la Sila, e in Calabria la cosa non è piaciuta per niente: devenetizzare i bar è un modo per colpire il Veneto nel suo punto più sensibile».
In Veneto però c’è già qualcuno che parla di razzismo al contrario.
«Boicottare il vino del Veneto è solo una pallida imitazione del razzismo verso noi meridionali. La verità è che i servizi sono tutti concentrati nelle zone più ricche del Paese, e che i loro abitanti sono così abituati a questa situazione che arrivano perfino a credere di essere sfruttati. Evidentemente i veneti non si rendono conto dei privilegi che hanno, altrimenti sarebbero sorpresi di non vedersi tornare indietro le bottiglie con mira precisa».
E perché secondo lei il Veneto sarebbe poco sensibile rispetto alla condizione del Mezzogiorno?
«Sono stati proprio due sociologi veneti, Stefano Cristante e Valentina Cremonesini, a condurre uno studio sulla percezione del Sud nell’immaginario collettivo. Da questo lavoro emerge che negli ultimi 30 anni il Tg1 ha dedicato al Sud il 9 per cento del suo tempo, e il 90 per cento di questo tempo a temi negativi come mafia, cronaca nera e malasanità. Questa è una vera e propria educazione al razzismo. E di fronte a una narrazione come questa, non bisogna sorprendersi se la gente finisce per avere un atteggiamento ostile verso il Sud».
Insomma, boicottare le bollicine venete sarebbe una sorta di resistenza civile. Che obiettivo vi ponete?
«Gli italiani non hanno ancora capito che il vento sta cambiando. Dopo un secolo e mezzo di discriminazioni, insulti e rapine, il Sud ha aperto gli occhi e sono i suoi abitanti a non volere più il resto dell’Italia, come dimostra la richiesta al parlamento europeo di aprire una commissione sulle discriminazione dello Stato italiano verso il Sud».
Ma autonomia e razzismo a parte, non vi dispiace nemmeno un po’ rinunciare a un brindisi col Prosecco?
«Se evitiamo di bere i vini veneti, è anche perché sappiamo che le colline del Prosecco sono infestate dai pesticidi e che il Veneto è la regione più cementificata d’Italia».
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