Salvo Sottile in un’intervista a I Lunatici
Il giornalista Salvo Sottile è stato ospite del programma di Rai Radio2 I Lunatici ed ha parlato di sè. “Da bambino non avrei mai voluto fare il giornalista. Ero molto timido e poi mio padre faceva il cronista di nera in un piccolo giornale e quindi non c’era mai. Io ero un ragazzino che è cresciuto praticamente senza padre, con la voglia che mi portasse al cinema o a una partita di calcio.”.
Salvo Sottile poi continua. “Lui faceva il cronista di nera, era sempre in questura, al pronto soccorso, in ospedale, avevo una percezione di questo mestiere di mio padre come di un qualcosa che mi avrebbe sicuramente segnato nella vita. Poi da giovanissimo ho iniziato a fare il videomaker di matrimoni. Andavo nei piccoli paesi e cercavo di fare filmati sugli sposi. Ero molto giovane, avevo 17 o di 18 anni. Poi sono entrato in alcune televisione private, di quelle in cui si fa tutto, i servizi, il montaggio, la voce fuoricampo. La mia voce rimase impressa a una persona che poi mi fece iniziare il mio praticantato al telegiornale di Canale 5, dove approdai a 18 anni appena compiuti. Lì commentai a caldo la strage di Capaci. Ero veramente un bambino, anche se mi vestivo da grande. Mi trovai in questa cosa che era molto più grande di me. Immaginate cos’era quella stagione per i palermitani”.
Il giornalista racconta anche un suo ricordo legato al giudice Borsellino. “Io ero l’unico corrispondente a Palermo. E quando accadde la strage di Capaci iniziai a dividermi. Una parte del mio cuore voleva dimostrare a tutti che potevo fare quel lavoro. Ma la pena, il lutto, il dolore per una strage che aveva ammazzato molte persone che conoscevo, compreso Falcone e gli uomini della sua scorta, erano enormi. Borsellino, quando lo rincorrevo col motorino cercando di avere qualche notizia, mi diceva sempre che era inutile che rincorressi le auto della scorta cercando di avere qualche notizia, perché tanto non mi avrebbe detto nulla. Anche se non mi dava informazioni, il semplice fatto che mi parlasse per me era motivo d’orgoglio”.
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