Caterina Caselli racconta il suo dramma: “Ho combattuto il cancro e sono tornata”
Caterina Caselli racconta il suo dramma: “Ho combattuto il cancro e sono tornata”. L’edizione online de ‘Il Corriere della Sera’ pubblica alcuni passaggi di una lunga intervista alla cantante molto nota soprattutto negli anni 60 e 70. Caterina Caselli, oggi produttrice discografica, racconta la sua lunga battaglia contro il tumore e i ricordi della carriera. L’ex cantante si sofferma sul successo del brano “Nessuno mi può giudicare”. Ma anche sul famoso caschetto, che ai tempi rappresentava una vera e propria rivoluzione di stile, sulla carriera ed altro.
Quindi questa nuova immagine non è solo un capriccio di look. «È stato far di necessità virtù. Ho attraversato un lungo periodo difficile e, per quanto superato, ha un risvolto estetico, perdi i capelli. Poi ricrescono e ricrescono del tuo colore. Mi ha sorpreso vedermi così, e lì per lì non ero così decisa a lasciarli naturali. Anche Piero, mio marito, era per il no. Poi piano piano ho cominciato a sentirmi a mio agio. E oggi mi sento me, me stessa. Per il periodo della malattia portavo una parrucca identica ai capelli che avevo prima, mi serviva per non far capire a mia madre. Che se ne è andata da qualche mese e per fortuna non si è accorta di niente. Non ha capito, stava male di suo. Ho vissuto la malattia in privato, in famiglia, sotto la parrucca. Poi piano piano mi sono abituata e quando le persone mi hanno visto mi hanno incoraggiato».
Caterina Caselli racconta il suo dramma: “Ho combattuto il cancro e sono tornata”. «Anche in ufficio non avevo detto niente, poi un giorno sono arrivata a una riunione, sono uscita dall’ascensore ed è partito un applauso, è stato il mio primo bagno di folla per quanto limitato, volevo fare una prova, vedere la reazione. Mi hanno detto che ho fatto un’entrata da rock star, hanno parlato di look newyorchese. Anche le amiche Daniela, Shake, Ludovica, Maria, Mina, Cristina, Giulia, Pia e Matilde mi hanno sostenuto nella decisione, Chiara Boni mi ha esortato a lasciarli così, e Ornella Vanoni mi ha chiesto: “Ti senti a tuo agio? e allora va benissimo!”».
Gli esordi e il successo. «Sono stata la prima ragazza del Piper, prima di Nicoletta, ovvero Patty Pravo, a maggio 1965: un’ esperienza straordinaria. Si parlava molto di me, questa ragazza del Piper, e Ravera che mi conosceva dal ‘64 a Castrocaro invita l’amico Ladislao Sugar, che poi sarebbe diventato mio suocero, e che arriva in mezzo a questi scalmanati, io avevo pantaloni a zampa d’elefante, cantavo Ray Charles, i Beatles e i Rolling Stones e lui è entrato là in mezzo, elegante, vestito di grigio e alla fine mi ha detto: “Sentendo lei tutto il resto mi è sembrato vecchio”».
È lì che è arrivato il caschetto. «Ricordo i 7 cugini Vergottini schierati con Cele in testa che mi dicevano: “Non ti vergogni, con quei capelli?” Li portavo lunghi alla selvaggia e ho detto: “Fate di me quel che volete”, mi hanno decolorata, tagliata. Esco, scendo in galleria e incontro Ravera che non mi riconosce, capisce che sono io solo dalla voce.
Poi quella canzone per Sanremo 1966, Nessuno mi può giudicare, scartata da Celentano che aveva già Il ragazzo della Via Gluck. Ma era un tango ed io pensai manco morta, tango e valzer erano musica da persone anziane. Il maestro Callegari mi dice non ti preoccupare e prepariamo una versione come piace a noi, che Arbore chiamerebbe beat».
La scoperta di nuovi talenti. Con Bocelli come è andata? «Cercavo una voce così. Mi ero accorta che il tenore Mario Lanza aveva ancora un fan club molto vivo. Noi siamo i rappresentanti del bel canto, gli spartiti musicali sono in italiano, allegro, andante… E quando ho accompagnato Gerardina Trovato al tour europeo di Zucchero, sento questa voce che canta il Miserere e dico “Ma questo non è Pavarotti, ma chi è?”. Lo conosco e mi dice che anche lui mi stava cercando, e perdipiù era bello come Omar Sharif.
Pavarotti in Pavarotti and friends cantava il repertorio pop mantenendo la vocalità lirica. I cantanti lirici utilizzano una emissione che consente di far correre la voce e superare la barriera dell’orchestra. La voce lirica impostata, se cantata nei teatri d’opera, ha una tecnica che non va amplificata. È così che certe canzoni pop cantate con voce impostata risultano fuori stile.
Caterina Caselli su Andrea Bocelli. «Con Bocelli no. Per lui cambiare tecnica dal pop all’impostazione lirica è relativamente semplice. Ricordo una music supervisor di Walt Disney, Kathy Nelson, che mi disse: “I like Bocelli because is not so operatic “.
Il canto pop è più naturale, non si avverte lo studio e arriva alla gente naturalmente. Ricordo una festa di compleanno di Gino Paoli a Modena dove c’era anche Zucchero, dove Andrea si alza, fa lo spiritoso e ridendo dice a Zucchero: “Io faccio te e Pavarotti messi insieme”: si è messo alla tastiera e ha fatto le due parti. Micidiale. E io mi sono rafforzata nell’idea».
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