Giulia Bongiorno, Ministro per la Pubblica Amministrazione, spiega i progetti per il prossimo futuro in una intervista a leggo.it
Ministro Giulia Bongiorno, ci sono 250 mila dipendenti della Pubblica Amministrazione in uscita, tra legge Fornero e Quota 100, entro la fine del 2019: quindi arrivano 250 mila assunzioni?
«Si. Abbiamo già inserito disposizioni che prevedono modalità semplificate di svolgimento dei concorsi e prorogato l’efficacia di alcune graduatorie».
Basta con il blocco del turn over?
«Assolutamente si. Abbiamo eliminato al 100% le limitazioni al turn over e stanziato anche risorse per assunzioni straordinarie, oltre ad aver consentito agli Enti del Servizio sanitario nazionale e agli Enti locali di sostituire immediatamente il personale cessato dal servizio, senza attendere l’anno successivo».
Insomma, sta per tornare prepotentemente la voglia del posto fisso?
«Non credo sia mai venuta meno l’esigenza di stabilità lavorativa. La sfida della Pubblica Amministrazione è presentarsi come realmente attrattiva per i migliori talenti».
E come farete? Verranno cambiati i concorsi? Serve gente brava nei processi di digitalizzazione…
«I nuovi concorsi saranno svolti attraverso l’impiego degli strumenti informatici e secondo modalità differenziate in relazione alle professionalità da reclutare. Le assunzioni prioritarie saranno quelle che servono alla digitalizzazione della PA».
Già, perché finalmente c’è un Piano Triennale da attuare. Cosa prevede?
«Novanta azioni concrete per una trasformazione semplice e inclusiva. Vogliamo garantire la diffusione dei servizi digitali (carta d’identità elettronica, SPID e PagoPA), rafforzare le competenze digitali della PA e sostenere le amministrazioni locali nel processo di digitalizzazione».
Sarà l’ennesimo libro dei sogni?
«Nient’affatto. Sottolineo con forza e anche con piacere che in Italia esistono alcune realtà in cui la PA funziona: la sfida è riuscire a trasferire questi modelli organizzativi alle realtà in affanno. Ci vorrà tempo, ma con la semplificazione e la trasformazione digitale ci sarà davvero una svolta».
Il presidente di Forum PA, l’ente privato che funge anche da osservatorio per il settore pubblico, sostiene che ci siano 7 miliardi da spendere: una cifra enorme…
«Vero. Nel 2015 si osservava una netta prevalenza della spesa per il funzionamento rispetto a quella per gli investimenti nel digitale, inoltre le modalità d’acquisto erano poco omogenee e standardizzate. Invece il primo Piano Triennale ha incrementato gli acquisti centralizzati (attraverso Consip) e la spesa per investimento in innovazione. Dobbiamo fare ancora meglio».
Perché all’estero il sistema sembra funzionare meglio nonostante i dipendenti siano molti di più di quelli italiani? In Italia sono circa 3 milioni, in Francia 5 milioni e nel Regno Unito 4,5 milioni.
«In passato, in Italia sono stati fatti troppi tagli alla PA e lo svuotamento degli uffici inevitabilmente peggiora la qualità dei servizi. Io sto puntando sulle assunzioni, ma naturalmente è solo il punto di partenza: la produttività è essenziale. Per questo sto studiando sistemi per premiare il merito».
Come si faranno le valutazioni per premiare davvero l’efficienza?
«Bisogna modificare il sistema di valutazione della performance, rendendolo più obiettivo e imparziale. Anche attraverso il coinvolgimento di valutatori esterni alla PA».
Sta di fatto che gli impiegati e i dirigenti pubblici si dicono stanchi di essere additati come la palla al piede del sistema burocratico. Lei come pensa di puntare sulla valorizzazione delle risorse umane esistenti?
«Il dipendente, se valorizzato e responsabilizzato al raggiungimento degli obiettivi assegnati, dà il massimo. Servono valutazioni periodiche per verificare la produttività in termini di raggiungimento dei risultati e tempi di lavoro, assicurando l’oggettività dei giudizi e l’emersione del merito effettivo».
Sveli le tre cose che lascerebbe intatte nel sistema pubblico…
«Il sistema di selezione attraverso il concorso pubblico, l’insieme delle garanzie e delle tutele per le lavoratrici madri e l’approccio di alcuni servitori dello Stato che, nonostante le mille difficoltà, a volte fanno miracoli per far funzionare un ufficio».
Quali aspetti invece abolirebbe di sana pianta?
«Le procedure inutilmente complicate, la sovrapposizione di competenze e l’attuale sistema di valutazione della performance».
Si sono succedute troppe riforme finora, forse nessuna è stata mai attuata. Che vita spera possano avere le sue norme?
«A differenza degli altri governi, le disposizioni che ho sottoposto all’approvazione del parlamento non hanno la pretesa di riformare la PA in modo complessivo, ma intervengono su specifici aspetti (concorsi, dirigenza, performance) e puntano a realizzare una vera semplificazione: potranno essere attuate senza difficoltà».
Ai furbetti del cartellino passerà la voglia di tradire la missione per la quale sono stati assunti?
«È mio dovere prevenire le truffe ai danni dello Stato: chi imbroglia non è un furbetto ma un truffatore, che getta discredito su tutti i dipendenti pubblici che quotidianamente adempiono i propri doveri».
A quali ministri precedenti se ci sono si ispira nella sua azione di governo? Cioè, quali sono stati i ministri della Funzione Pubblica che secondo lei hanno lasciato il segno?
«Non mi piace fare paragoni. La mia attività e le mie iniziative tengono conto di quanto di positivo è stato realizzato in passato. Se devo fare un nome, posso dire di aver apprezzato una serie di iniziative di Brunetta».
Perché il cittadino ha un pessimo giudizio della PA? E come pensa di far cambiare idea agli italiani?
«L’enorme produzione normativa, unita all’eccessiva burocrazia, rallenta l’azione amministrativa e danneggia l’immagine della PA. Il cittadino si aspetta invece risposte chiare e immediate».
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