Daniele Silvestri contro i rapper:
Daniele Silvestri, 50 anni, esce con un nuovo disco dal titolo ‘La terra sotto i piedi’. Per l’occasione il cantautore romano ha rilasciato una intervista ai microfoni di leggo.it.
Pieno di tutto, compresa dell’autoironia con cui si manda a quel paese. Chiamasi maturità?
«Volevo un album racconto, vero e senza l’autoincensarsi».
Il titolo iniziale era “Scusate se non piango”. Poi ha cambiato idea…
«E l’ho sostituito con La terra sotto i piedi, dalla canzone Concime, manifesto del disco che riassume meglio il messaggio che volevo mandare: il bisogno di liberarsi da un mondo iper-connesso e la voglia di costruire qualcosa che non duri lo spazio di un tweet. Oggi servono più che mai certezze morali».
E le sue?
«Sono parole antiche: rispetto, dignità, onestà».
Riesce a trasmetterle ai suoi figli?
«È difficile oggi. O forse non sono bravo come mio padre. Argentovivo è esempio della generazione di adolescenti (come i miei primi due figli, Pablo Alberto e Santiago Ramon) che fa più fatica a riconoscere l’autorità».
A proposito, gli è piaciuto il disco?
«A parte le critiche solo perché sono il padre, sì (ride, ndr). Il loro commento è stato: se sai tutto, perché ogni giorno ci inviti a fare altro?».
Parafrasando, “Un giorno difficile da cui ha fatto poi coriandoli”?
«Quando pensi di avere fallito come genitore. Ma è una frase ricca di speranza. Ecco perché canto “l’Europa sognata, la Siria guarita, un popolo onesto…”».
Sì, però dopo anche di un popolo vigliacco.
«Vero, ma sono parole di chi ama così tanto da vergognarsi della passività. Ma è riferito in generale, non solo al popolo italiano».
Anche ai pentastellati e a Roma?
«Non in questo caso. Vivere qui è complicato. È l’esempio lampante di come le buone intenzioni o le idee rivoluzionarie non bastano per fare un buon governo, che la democrazia perfetta non esiste».
Chi è il ministro del “selfie con il morto”?
«Nessuno, anche se qualcuno ci vede Salvini che durante un funerale accettò di farsi fare una foto. È una canzone semiseria – anche se non c’è da ridere – dove sottolineo la gravità degli eccessi. Accade che ragazzi facciano selfie in obitorio. E che politici non diano il giusto esempio».
In “Blitz gerontoiatrico” non risparmia i rapper, e per criticarli li paragona a Checco Zalone e a Ezio Greggio.
«Da vecchio cantautore uso immagini, senza demonizzare la scena. Non si può scimmiottare roba americana e invito i giovani rapper a non parlare solo di canne, soldi e donne».
La canzone del capitano è dedicata a Totti?
«Non lo cito espressamente, ma il riferimento c’è. Il suo abbandono del calcio ha emozionato tutti. Sono curioso di sapere cosa penserà».
Pronto per la prima volta nei palazzetti da solo?
«Non vedo l’ora. Parto da Roma il 25 e 26 ottobre. Non è il gradino da salire durante carriera, ma è un viaggio insieme a chi viene ad ascoltarmi. Per me significa tanto».
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