Laetitia Casta si racconta in una lunga intervista rilasciata ai microfoni de ‘La Repubblica’:
Prima di girare L’ uomo fedele diretta dal marito Louis Garrel (35 anni), Laetitia Casta, 40 anni, ha voluto mettere subito le cose in chiaro:
Eppure, più che un classico triangolo pare un rettangolo, con il figlio della Casta come quarto incomodo.
«Nel film, mio figlio cerca di impedire al mio compagno di venire a vivere con noi. Solo alla fine, quando vede quanto io sia infelice, lo accetta».
Nella realtà, Louis Garrel si è dovuto confrontare con i suoi figli: Sahteene, avuta con il fotografo Stéphane Sednaoui, mentre il padre di Orlando e Athena è l’ attore Stefano Accorsi.
«La paternità non è solo genetica come in passato ed è più aperta e sfaccettata. Penso all’utero in affitto, alle adozioni tra coppie eterosessuali e tra coppie gay».
È stato difficile per Louis farsi accettare dalla sua famiglia allargata?
«Secondo me queste situazioni sono più dure da gestire per una donna. Se vuoi rifarti una vita sei vista con sospetto, ti chiedono di scegliere tra essere madre e amante. I bambini, per esempio, sono reazionari. Ti tingi i capelli di biondo? Lo detestano. Rientri tardi? Ti chiedono il perché. Quello delle madri è un ruolo complesso: devono saper creare un legame, mediare».
I tradimenti senza nessuna gelosia del film sembrano avallare il mito della Francia libertina. Davvero l’ infedeltà non ha conseguenze?
«Nel film, Louis ha voluto che non ci fossero scenate, ma nella realtà è ancora difficile».
Lei si è spesso definita vulcanica e passionale: in caso di infedeltà fa scenate?
«Non aspetto nemmeno di arrivare a quel punto (ride, ndr) mi faccio rispettare».
Non ha mai subito una gelosia eccessiva?
«Sì, ed è un sentimento orribile. È come un gorilla (si batte i pugni sul petto mimando un gorilla, ndr). In un rapporto cerco sincerità e rispetto, non il possesso».
I suoi figli sono gelosi?
«Di un padre si accetta che lavori, di una madre meno. E su questo voi italiani avete ancora della strada da fare. Tempo fa, Orlando si è lamentato perché non ero abbastanza presente. “Mamma, come sei ostinata! – mi ha detto – vuoi fare sempre quello che ti pare”. E io: “Sì, e un giorno capirai quant’ è importante”».
Mentre in Italia si discute ancora di famiglia tradizionale , lei vive in un Paese dove il matrimonio gay è realtà. Qual è la sua idea di famiglia?
«Anche da noi stiamo tornando indietro e ovunque sta aumentando l’ intolleranza. Una settimana fa, a Parigi, un transessuale è stato picchiato in pieno centro. A me pare che il modello patriarcale della società sia superato. Noi donne cerchiamo di uscire dal recinto sociale in cui ci costringono, per realizzarci. Quello che ci propongono però non è molto interessante».
#MeToo è servito?
«All’ inizio, la rabbia aveva preso il sopravvento, ma è importante che si senta la nostra voce. Ai miei esordi nel cinema, non mi hanno più fatto lavorare quando hanno scoperto che ero incinta perché, se c’ è una gravidanza in corso, sul set non si è coperti dall’assicurazione. È talmente ingiusto che ci vorrebbe una legge. Anni dopo, di nuovo incinta, ho taciuto per interpretare Brigitte Bardot in Gainsbourg (vie héroïque) e sebbene nella mia mente ci fossero pensieri materni, non ho faticato a essere credibile come sex symbol. Tornando a #MeToo, qualcosa si sta muovendo. E molto dipende dall’ educazione».
Cos’ ha insegnato ai suoi figli?
«Alle mie due femmine ho spiegato quanto sia importante imparare a conoscersi, essere indipendenti, forti, intuitive e non lasciarsi distogliere da quello in cui credono o dai propri desideri. A mio figlio – lui li conosce bene i suoi desideri – chiedo di parlarmi delle sue fragilità, di confrontarci. Come scriveva Simone de Beauvoir, il sesso femminile è celato, misterioso. Fin da piccole, ci fanno chiudere le gambe e nascondere ciò che è già nascosto come se si trattasse di qualcosa di sporco. È vero che le donne si servono del potere, ma in fondo se ne infischiano: quello che vogliono è essere riconosciute per quello che sono».
Ha vissuto dieci anni con un italiano, Stefano Accorsi, e con lui ha due figli per metà italiani. Cosa apprezza e cosa no del nostro Paese?
«Mi considero corsa e mia nonna è italiana. L’italianità ce l’ ho nel sangue: è un certo modo di amare i figli, di esprimersi. Più della Francia, è il posto dove mi sento sicura, è un modo di vivere che conosco da sempre. Quanto alla vostra politica io vengo da una famiglia di destra e sono di sinistra, ma non è perché la pensiamo in modo diverso che non andiamo d’accordo».
Quando ha capito di essere di sinistra?
«Da bambina. Mia nonna mi mandava a fare delle commissioni per una vicina anziana. “Se ti dà dei soldi – mi diceva – accettali”, ma non ci riuscivo. Quando tornavo a casa, mi dava “uno schiaffo sul culo” (in italiano, ndr). “Perché fai così?”, e io: “Mi interessa più la persona dei soldi”. Avevo sei anni».
Ha iniziato a lavorare a 16 anni come modella per Jean Paul Gaultier e poi con Saint Laurent. La moda l’ ha scoperta con loro?
«No, mi è sempre interessata. Quando ero bambina mettevo un paio di pantaloni e sopra mi infilavo una gonna e, se mia madre cercava di dissuadermi, io rispondevo che li volevo tutti e due. Mi è sempre piaciuto distinguermi nell’ abbigliamento, è un modo per esprimersi. Poi a 16 anni ho incontrato Yves Saint Laurent che mi ha educata. Lui amava veramente le donne e per loro ha creato il primo smoking femminile. E non è un dettaglio».
Con i suoi denti irregolari e le forme morbide ha anticipato di vent’ anni il movimento body positive per l’ accettazione del proprio corpo.
«Non mi capacito: oggi le modelle sono ancora più magre di prima. Negli anni Novanta c’erano delle mannequin di una magrezza naturale, adesso no. Le leggi ci sarebbero ma non vengono rispettate. Sa cosa mi ha dato la forza di continuare a lavorare per la moda? Le donne. Mi fermavano per strada e mi incoraggiavano. “Ah – pensavo – allora ha un senso quello che sto facendo”».
È determinata. Anche romantica?
«Sì, perché? Non sembra?».
Si descrive come molto maschile, forte.
«Gliel’ ho detto: il pantalone e la gonna. Il bastone e la carota».
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