Recupero crediti, nuova legge presentata dalla Lega:
Scoprire beni e disponibilità economiche del proprio debitore, senza aspettare il vaglio del giudice. Non è solo il sogno dei 240.000 avvocati italiani, ma anche di ogni cittadino che deve avere indietro dei soldi e si trova a combattere con un debitore che scappa come una biscia insaponata, aiutato anche da una giustizia civile che in Italia è notoriamente lenta.
Un disegno di legge presentato in Senato dalla Lega introdurrebbe una rivoluzione copernicana: l’ avvocato del creditore, o meglio, del «potenziale creditore», potrebbe saltare il Tribunale e avere accesso alle banche dati del Fisco e a tutte le altre banche pubbliche, senza avere in mano un decreto ingiuntivo.
L’ altra faccia della medaglia però riguarda la privacy di tutti e il rischio che al piccolo imprenditore che si vuole tutelare arrivi una Pec in azienda a cavallo delle festività natalizie, con la quale si troverà automaticamente riconosciuto un debito forse ingiusto, solo perché non ha aperto la mail e non l’ ha contestato in venti giorni.
Nel bene o nel male, si tratta di norme dirompenti, e al momento ne sta discutendo la commissione Giustizia del Senato. Il primo firmatario è il leghista Andrea Ostellari, avvocato civilista di Padova, e con lui si sono mossi, cofirmando la proposta di legge 755, altri due avvocati della Lega, ovvero il sottosegretario Simone Pillon, bresciano, e il senatore Emanuele Pellegrini, brianzolo.
Il quarto firmatario è il trevigiano Massimo Candura, dipendente della Regione Veneto, e il quinto proponente è il capogruppo della Lega a Palazzo Madama, Massimiliano Romeo, di professione «consulente automobilistico».
Nella relazione introduttiva, si ricorda giustamente che anche gli investitori esteri temono la nostra «non» certezza del diritto e la lentezza delle cause. Ebbene, oggi il sistema si regge sul decreto ingiuntivo e costringe il creditore a rivolgersi al giudice civile. Secondo Ostellari, il controllo giurisdizionale sarebbe meramente formale, per non dire distratto. E quindi, tanto vale rinunciarvi proprio.
Il primo articolo del dl consente all’ avvocato del creditore di intimare il pagamento entro 20 giorni, contro i 40 di oggi che già non sono molti per preparare le carte. E se entro 20 giorni il debitore non fa opposizione, si pignora.
Per avere diritto a scavalcare il tribunale, l’ avvocato deve avere in mano una «prova scritta» del credito, come possono essere delle bollette non pagate o anche una rata non versata o uno scoperto di conto corrente bancario. Oppure deve trattarsi dell’ onorario di un avvocato, di un cancelliere o di un ufficiale giudiziario. O deve essere una prestazione resa da «un notaio» o da un altro «esercente la libera professione» per cui esistano delle tariffe legali.
Alla voce «verifica dei presupposti», si scrive chiaramente che l’ avvocato-giudice deve giocare pulito e che in caso ometta la verifica puntuale dei requisiti pur di emettere il decreto ingiuntivo, risponde «per dolo o colpa grave», dovrà risarcire i danni e subirà procedimenti disciplinari che si presumono severissimi.
Il secondo articolo del disegno di legge disciplina la «Ricerca preventiva con modalita telematiche dei beni da pignorare ante causam». Il titolo fa già una certa impressione, ma anche l’ articolato non delude. L’ avvocato del sedicente debitore può chiedere al presidente del tribunale l’ accesso alle banche dati delle pubbliche amministrazioni, «e in particolare all’ anagrafe tributaria, compreso l’ archivio dei rapporti finanziari, e in quelle degli enti previdenziali, per l’ acquisizione di tutte le informazioni rilevanti». E sono espressamente compresi a che «i rapporti intrattenuti con gli istituti di credito, datori di lavoro e committenti».
Come si vede, al netto della scarsa eleganza di un disegno di legge proposto da avvocati e che comprende anche l’ accelerazione del pagamento dei propri onorari, si tratterebbe di una rivoluzione con alcuni evidenti pregi: si salta un passaggio come quello dell’ ottenimento del decreto ingiuntivo; si fa sì che quando a un (vero) debitore arriva un’ ingiunzione di pagamento, questi non faccia melina; eviterebbe all’ avvocato di andare a cercare beni da pignorare che non esistono, o non esistono più.
Ma altrettanto lampanti sono alcuni rischi, come può spiegare qualunque civilista che non viva solo di recuperi crediti e voli un pochino più alto. Lo stesso piccolo «operatore economico» che qui si vuole tutelare, non è detto che in 20 giorni si possa difendere da una richiesta fraudolenta e della quale non ha preso contezza perché a Ferragosto non ha aperto la mail.
Un creditore che non ha passato il vaglio del giudice, ancorché non sempre meditato, può essere un sedicente creditore, magari dotato di avvocato egualmente spavaldo. Inoltre, almeno nei tribunali del Nord, l’ ingiunzione che qui si vuole saltare è forse uno dei pochi istituti che funziona. A Torino, per fare un esempio, la concedono in un giorno per via telematica.
Inoltre, la previsione del «dolo» per l’ avvocato furbetto sconfina nel penale, mentre la «colpa grave» è notoriamente vaga, ha dato adito a quintali di giurisprudenza e alla fine si rischia che l’ avvocato onesto e corretto sia terrorizzato da questa norma, mentre quello più acrobatico se ne infischierà. Infine, i veri mariuoli non hanno nulla, né un conto bancario né un bene immobile, censito nelle banche dati, mentre un avvocato che voglia curiosare nelle disponibilità di una persona onesta per fargli una causa milionaria, non dovrà far altro che vantare un debito e poi saprà come e dove colpire.
Francesco Bonazzi per “la Verità”
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