Stefania Sandrelli si racconta in una lunga intervista rilascia ai microfoni de Il Corriere della Sera. Vi proponiamo alcuni passaggi:
STEFANIA SANDRELLI SI RACCONTA. Stefania, a 72 anni, può dire che la sua vita è il cinema e il cinema è la sua vita?
«Non credo smetterò mai con il cinema. Quando sarà succederà per forza maggiore. Un giornalista geniale mi definì il termometro del cinema italiano. È così! Ho sempre fatto di necessità virtù: mi sono accontentata dell’intuito nella lettura delle sceneggiature. Ma alla fine il cinema è venuto come lo volevo io. Mi sono fidata del mio istinto e i conti tornavano. Poi ho avuto la fortuna di imbattermi in eventi sociali davvero rari tutti insieme: divorzio, delitto d’onore, femminismo…».
L’istinto per i ruoli lo ha avuto da subito: era minorenne quando ha fatto «Divorzio all’italiana».
«Non sono presuntuosa e se lo dico è perché mi sono guardata indietro e l’ho verificato: ero pronta. Certo, non avevo la tecnica e gli strilli del regista, il grande Pietro Germi, ancora me li ricordo: ogni tanto me ne andavo in quei bellissimi vicoletti siciliani a mangiare il gelato o a comprare catenine e anellini. Non avevo ancora il senso del lavoro. Però ero estremamente preparata come spettatrice e poi grazie al mio fratellone Sergio, maggiore di 7 anni, sapevo tutto del cinema: il montaggio, il doppiaggio…».
A proposito: nei primi film lei è stata doppiata.
«Purtroppo è vero. Ma per i film di Germi non poteva essere altrimenti: a fare la sicula non ero pronta, in altri invece ero io a non volermi doppiare perché ero una mascalzona… Io, finito il film, dovevo andare da Gino Paoli, oppure… Insomma c’avevo da fa’ e anche il doppiaggio, beh no!».
Con suo fratello facevate veri e propri film in 8 millimetri. Li ha ancora?
«Ho giusto un Dracula il vampiro tutto mezzo smangiucchiato. Facevamo sul serio, veri film con la troupe dei nostri amici. Io ero sempre una delle interpreti. Sergio era proprio un malato di cinema. Mi ha fatto da papà, assolutamente (il padre di Stefania morì quando lei aveva 8 anni; ndr). Lui era il mio babbo ed io la sua mamma. C’era un rapporto davvero molto affettuoso e forte. È mancato da 5 anni ma non passa mica mai. Abbiamo vissuto una bellissima vita a Viareggio. Finché Sergio andò a Firenze a studiare come concertista, con molti sacrifici di mamma, che era vedova e doveva lavorare».
Ma sua madre di quei sacrifici è stata ripagata.
«A denti stretti ma era molto orgogliosa di me. Nel suo dialetto pistoiese mi diceva O’ Stefanina ma tu se’ proprio sicura che tu vo’ fare l’attrice? Perché non è che ci guadagnassi a fare i primi film. Poverina. Era molto vivace e volitiva. Piena di amiche, giocava a carte… scala 40 e ramino, non certo poker. Molti dei miei amici venivano da me ma per trovare lei, perché era molto piacevole e ridanciana».
Il film più importante di Stefania Sandrelli?
«Partiamo da un presupposto: la cosa fondamentale è partecipare a un bel film, tanto amo il cinema. Sono disposta a tutto sul set, anche a battere il ciak. Tolgo i fili dai vestiti, spolvero, faccio, brigo, cerco di rendermi utile. Però devo dire che Io la conoscevo bene è un film irripetibile, uno di quelli che capitano una volta nella vita. Sì, è forse il film più rappresentativo mio: questo ritratto così bello e dolente di Adriana, giovane donna disarmata e candida».
E l’ultimo in ordine di tempo come sarà? In questi giorni sta girando a Napoli un’opera prima tratta dal romanzo di Lorenzo Marone La tristezza ha il sonno leggero, regia di Marco Mario De Notaris.
«Sono molto contenta di dare il mio contributo a una prima regia, a una persona che stimo e che credo abbia scritto un’ottima sceneggiatura. Il mio personaggio è particolare: Renata Ferrara, che ha fatto politica nella Dc. Siamo a fine anni 80. La chiamano tutti “il dittatore”. Anche i figli e i figli acquisiti. Non è certo un personaggio molto positivo. Una madre che pensa più a sé che agli altri».
Un ritorno al set che arriva subito dopo un grande dolore personale, la morte improvvisa del suo ex marito Nicky Pende, da cui ha avuto Vito, suo secondo figlio. Un’unione burrascosa durata appena 4 anni.
«Lo sposai per amore, sapeva che mi fidavo di lui in tutto, certo che sarebbe stato un bravo medico, un bravo marito e un bravo padre. Ma la vita non va mai tutta dritta…».
Cosa andò storto?
«Nicky era estremamente corretto ma un po’ Dottor Jekyll e Mister Hyde. Aveva probabilmente dei problemi caratteriali che non potevo conoscere prima delle nozze. Quando ci siamo lasciati però mi sono sentita come nuda in una foresta, sola e di notte. Ero veramente disperata».
Sente di aver avuto delle colpe?
«No. Ho cercato di fare il possibile. Nel momento in cui mi sono accorta che non poteva andare avanti, d’accordo con Gino Paoli decisi di mandare a studiare la nostra Amanda a Milano. È stata una rinuncia terribile, perché i figli li ho fatti per averli con me. Nel momento in cui Amanda se n’è andata — giustamente perché litigavamo un giorno sì e l’altro pure — io sapevo che avrei divorziato. Anche se all’epoca il divorzio ancora non c’era ed è stato molto tosto per me. Nicky non voleva e quindi gli ho dato tempo, molto più del necessario. Almeno due anni e mezzo. Perché fosse pronto anche lui. Ma la situazione era al limite».
Le pesa di non essersi riconciliata in tempo con lui?
«La riconciliazione non c’è stata ma le motivazioni lui le conosceva bene. Non è che io gli ho tolto il saluto: è lui che ha fatto in modo di rimanere solo. Mi dispiace molto perché è davvero morto solo, solo, solo. E questa è la cosa che più mi fa male e il dolore lo sentirò ancora per molto tempo. D’altronde abbiamo avuto anche una bellissima vita insieme e cerco di ricordarmi questa. Comunque sia, è importante che suo figlio si sia riappacificato con lui».
Racconti…
«Vito è una bella persona, non perché sia mio figlio. Essendo di natura molto buona andava in crisi per come lo trattava Nicky. A un certo punto ha deciso di allontanarsi da lui: “Se per mio padre non conto nulla, allora ciao e ci vedremo quando sarà”. Il giorno del funerale guardavo quella bara e non potevo pensare che una persona così vitale, che ho amato così tanto e con cui ho riso da pazzi potesse essere improvvisamente lì. Ma poi ho sentito il meraviglioso discorso a braccio di mio figlio, che proprio non mi aspettavo. Ed è stato come una magia che ha chiuso il cerchio. Non dico che fossi felice, ma serena, pacificata, sì».
La morte improvvisa vi ha scossi?
«Nessuno ci ha avvertito, sa? L’ospedale ha preteso l’autopsia perché anche loro non si capacitavano… È morto per un problema al sangue. Gli hanno chiesto: “Chiamiamo suo figlio che è medico?”. E lui: “No, non abbiamo buoni rapporti”. Le pare che per una questione di privacy il medico non ha potuto avvertire Vito, il figlio del paziente che poi il giorno dopo è morto? Una follia. Altre persone potevano chiamare e non l’hanno fatto. Non ho parole».
Suo figlio è medico come il padre.
«È chirurgo laparoscopico, molto stimato e bravo. Ha tre figlie femmine, adora il suo lavoro, non si tira mai indietro e fa guardie su guardie».
Sua figlia Amanda, attrice, l’ha avuta con Gino Paoli a 18 anni: è più figlia o sorella minore?
«Amanda è una persona che… se io ho un problema di qualsiasi tipo chiamo lei. È più di una sorella. Ma se l’è guadagnato sul campo questo. È bello il rapporto che c’è tra lei e Vito. È molto forte e mi dà sostegno».
Le manca un terzo figlio, quello che avrebbe suggellato l’unione di oltre 35 anni col suo compagno Giovanni Soldati?
«Mi è mancato per un periodo. Ma mi dispiaceva più per lui che per me. Poi invece mi sono consolata perché ho capito che Giovanni è più idoneo con i figli degli altri. È stato bravissimo con i miei ma… io mi sento un pochino anche la sua mamma. Un genitore deve cercare di non perdere la parte infantile però deve essere anche adulto. E lui questo non ce l’ha tanto… Però mi piace talmente così com’è! Mia cugina, che a volte chiamo un po’ disperata mi interrompe e dice “Stefania, te lo sei scelto così, lo ami per come è e te lo tieni così”. Giovanni è una bella persona, ha dedicato tutta la vita a me e gliene sono molto grata. Abbiamo una grande confidenza, forse la cosa più importante».
Invece del sesso ha detto che dopo i 70 ci si può anche rinunciare. Vero?
«L’importante dopo i 70 è poterlo fare quando voglio. Anche facendo passare un bel po’ di tempo. Però è bene sapere che se vogliamo c’è. E comunque quando uno ha la possibilità di darsi un bacio d’amore… ma che vuoi di più da Dio!».
C’è chi ha detto che Morandi sta alla musica leggera come Sandrelli sta al cinema. È così?
«Gianni ne ha fatta di strada. È molto caro, una bella figura di italiano generoso e talentuoso che… ancora gliela scrocca! Come me? Beh, grazie».
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