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Spettacolo

Marco D’Amore: “Toni Servillo mi ripeteva, non sai fare niente. Stai qua e impara”

Marco D’amore in un’intervista ad Io Donna

Marco D’Amore, 37 anni, che ha interpretato per tre stagioni Ciro l’immortale in Gomorra, ha rilasciato un’intervista a Io Donna del Corriere della Sera, in cui racconta della sua carriera. “Anche stamattina, in treno, ho dovuto rispondere per la miliardesima volta alla domanda: Ciro è vivo? I fan non si danno pace”, racconta D’amore, che alla termine della terza stagione è morto proprio ucciso dal ‘fratello’ Genny Savastano.

Ma D’amore non abbandona la serie, nella quarta stagione che sta per essere trasmessa, è il regista degli episodi 5 e 6. “Dirigere è un mestiere che racchiude meraviglie e complessità. Ma non soffro di ansia da prestazione. Anzi, mi sale l’adrenalina e lavoro moltissimo. I due mesi di preparazione e il mese e mezzo di set sono stati i periodi più entusiasmanti della mia vita professionale… Di solito non succede che i grandi diano spazio ai giovani. Questa è un’eccezione”.

Il ruolo di Ciro che tanto successo ha dato a D’amore, non è concluso. E’ in preparazione un prequel sulla vita del suo personaggio, “Iniziamo le riprese a maggio. Sarà un film per il cinema, uscirà a novembre. L’ho scritto, lo dirigo e lo interpreto”.

Marco D’Amore racconta anche della sua amicizia con Roberto Saviano, “Ai tempi della scuola, il liceo scientifico Diaz di Caserta. Roberto era rappresentante d’istituto. Ma non aveva pose da leader, come altri. Voleva conoscere la realtà, confrontarsi” e poi continua, “Se ce ne fossero cento come lui, sentiresti altre voci. Ma siccome questo Paese dorme, quando interviene Roberto è così imponente perché è solo.  Meno male che c’è”.

La passione di D’Amore per la recitazione è iniziata prestissimo, “A 16 anni facevo teatro. A 18, l’incontro con la persona che mi ha cambiato la vita: Toni Servillo. Mi ha chiamato per uno spettacolo e mi ha portato in tournée. Dopo due anni però ho capito che dovevo studiare, e ho superato il provino per la Scuola di Teatro Paolo Grassi di Milano. Ho fatto i miei tre anni di monastero ma ho conosciuto la parte di mondo che mi mancava; sia attraverso la meravigliosa Milano, così diversa da Napoli, sia grazie ai maestri che ho incontrato. Sia Toni, sia i professori della scuola mi ripetevano: non sai fare niente. Stai qua e impara. Non mi hanno mai detto: quanto sei bravo… È importante invece fare i conti con il fallimento. Dopo vent’anni di carriera posso dire che essere artista ha a che fare con la determinazione e il sacrificio”. D’Amore racconta anche della lunga gavetta, “Sono stato vent’anni lontano da casa. A Milano la sera prendevo la bici, facevo 10 km e andavo a lavorare come cameriere. Ho fatto la gavetta, con la paga da studente, senza potermi permettere una camera d’albergo decente. Ho messo la passione alle prese con gli ostacoli e li ho superati. Sono grato a queste esperienze che mi hanno complicato la vita. Ci sono dei grandi che hanno patito: Nino Manfredi minacciò di ammazzarsi se non lo prendevano all’Accademia, a Roma, perché non poteva fare altro che recitare”.

Marco D’amore racconta anche di essere felicemente fidanzato con Daniela con cui convive a Caserta. “Faccio avanti e indietro da Roma da 8 anni, va bene così a entrambi.  A Caserta ci sono anche i miei fratelli, Valeria e Giuliano,  che lavorano con me. Siamo una piccola azienda familiare. Per ora funziona”.

 

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