Luc Merenda in un’intervista a Il Giornale
Luc Merenda, 75 anni, indimenticato attore di film cut anni ’70, ha rilasciato un’intervista a Il Giornale in cui ripercorre la sua lunga carriera. Oltre 40 titoli girati, il B.A. Film Festival lo premierà come ‘eroe del cinema popolare italiano’. “Gli eroi veri non fanno cinema. I filosofi che condannano le guerre, i generali che cercano di renderle meno sanguinose e i politici che provano a evitarle. Ma ormai i politici sembrano servire poco, sia lì in Italia sia qui in Francia”.
Merenda racconta i suoi esordi, “Mentre studiavo alle scuole superiori mi sono appassionato di paracadutismo, moto e savate, la boxe francese. Nel 1968, ho visto gli studenti manifestare. All’inizio erano ragazzi ribelli, ma dopo pochi giorni erano già diventati solo gente che tirava sanpietrini. Casseurs… Come dite voi? Teppisti… Cinquant’anni dopo è la stessa cosa. Li vede i gilet jaune? All’inizio cittadini arrabbiati che chiedono il minimo sindacale, una cosa legittima visto che in Francia ci sono 10 milioni di persone che vivono con mille-1200 euro al mese. Poi si sono trasformati in vandali. Non cambia niente. I meccanismi sono gli stessi. Si parte da una giusta rivendicazione e si finisce con la violenza”.
L’arrivo in Italia è nel 1971, “Capisco subito che è il mio Paese. Mi sento a casa: la gente, i colori, tutto. In 12 anni sono tornato in Francia solo per i funerali di mio padre” racconta l’attore che con Maurizio Merli diventa l’icona del poliziesco. “Quando li giravo pensavo di essere un ladro: mi appropriavo dei soggetti che gli altri rifiutavano. La polizia accusa parlava dei servizi deviati: nel 1975. Ha presente? Anni di piombo, strategia della tensione… Il poliziotto è marcio è la storia di un commissario corrotto, ed ebbe guai con la distribuzione. E in Italia: ultimo atto?, di Massimo Pirri, un gruppo di terroristi fa una strage per uccidere il ministro dell’Interno. Uscì nel ’77, pochi mesi prima del sequestro Moro. Lo sceneggiatore era un genio”.
L’attore racconta anche di quando rifiutò di girare ‘Er Monnezza’, “Lessi il soggetto. Due pagine. Troppo trash. Dissi no, e feci la fortuna di Tomas Milian” ma soprattutto nel suo periodo d’oro era amatissimo dalle donne. “Ursula Andress era molto naturale, non presuntuosa, cosa rara nel giro. La Fenech invece ha dimostrato di essere una grande produttrice, donna d’affari, cosa che nessuno avrebbe immaginato. Poi Ornella Muti. Strafiga. Deliziosa e forse ingenua. E Dayle Haddon, bellezza assoluta: non era nata per avere a che fare con questi animaletti selvaggi che bazzicano il cinema, un mondo in cui il talento migliore spesso è la cattiveria”.
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