Torino, poliziotti accerchiati al campo rom:
Si sono avvicinati minacciosamente a una pattuglia della polizia impegnata nel controllo di un diciassettenne, e uno degli agenti, per allontanare la folla, ha sparato un colpo di pistola in aria. Parliamo di una cinquantina di residenti in un campo nomadi di Torino nella zona di strada dell’Aeroporto.
Come riporta l’edizione online de ‘La Repubblica’, il giovane era a bordo di un’auto, insieme con due ragazze (di 17 e 11 anni), che era stata notata in zona Madonna di Campagna procedere a fari spenti e a velocità sostenuta.
E non solo non si era fermata all’alt ma, una volta raggiunta al termine di un concitato inseguimento, aveva tentato di speronare la volante. Il diciassettenne, abitante nel campo nomadi, ha chiesto aiuto, e gli altri si sono avvicinati alla pattuglia chiedendo di lasciarlo andare. Dopo lo sparo sono arretrati.
Gli agenti hanno poi verificato che il giovane aveva appena compiuto un furto all’interno di un cantiere nell’area di parcheggio di Corso Grosseto. All’interno dell’auto è stato trovato, come refurtiva, numeroso materiale in legno. E’ scattata così una denuncia per resistenza e furto aggravato.
Ma l’episodio ha riacceso le polemiche. “Non accennano a diminuire i casi in cui, per fermare o anche solo controllare alcune persone, le forze dell’ordine devono affrontare e contrastare i rischi di aggressione di altri soggetti che vorrebbero sottrarre i prevenuti dai controlli di polizia”.
Così il segretario generale del Siulp Torino, Eugenio Bravo, commenta quanto avvenuto nei pressi del campo nomadi di strada dell’Aeroporto. “Continuiamo a ripetere – aggiunge – che servono pene esemplari e rieducative: diversamente questi comportamenti aggressivi non si attenueranno e non verranno ridimensionati.
Il caso in questione ha costretto un agente a sparare un colpo in aria per evitare che, dopo essere stati circondati, lui e colleghi venissero anche aggrediti e perdessero il controllo del fermati. Solo la grande professionalità dei poliziotti ha impedito che la situazione degenerasse. Il decreto sicurezza deve essere considerato l’inizio di un percorso che deve necessariamente portare a pene rieducative”.
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