Patty Pravo in un’intervista a Repubblica
Patty Pravo ha rilasciato un’intervista ad Antonio Gnoli per Repubblica in cui parla della sua vita e dell’ultimo cd, “È un pezzo della mia storia”, dice, “ma la mia storia ha molto altro dentro”. L’artista, da anni sulla cresta dell’onda è tra le meno ossessionate dalla musica, “Le attribuisco lo stesso valore che do al silenzio. Forse hanno bisogno l’ uno dell’altra”.
Patty Pravo alterna la vita da artista a lunghi periodi di silenzio, “Aiuta ad autosospendersi dal mondo. Un esercizio di purificazione. Mi accade ogni tanto di desiderare il silenzio sotto qualunque forma si manifesti: un viaggio da sola, una sosta in un luogo sconosciuto o, magari, essere semplicemente davanti a un uomo che ti guarda e tace. Questo mi fa tornare alla mente un episodio. Ormai adolescente a Venezia, dove sono nata e dove ho vissuto, incrociai una coppia piuttosto anziana. Procedeva lentamente. Non sapevo chi fosse. Lei guardandomi sorrise. Lui sembrava un Jimi Hendrix invecchiato: i capelli erano una torre scomposta di riccioli, la barba rada e il pizzo gli davano un’ aria mefistofelica. Lui era Ezra Pound e lei Olga Rudge, la compagna dell’uomo che non parlava mai. Mangiammo un gelato. Ci rivedemmo un’ altra volta soltanto… Quella coppia che viveva alle Zattere e scendeva dall’imbarcadero sembrava fuori dal tempo. Lui non parlò mai. Seppi in seguito che era stato un grande poeta. Ma allora avevo quattordici anni ed ero solo Nicoletta Strambelli. Conservai quel ricordo come una preziosa gemma veneziana”.
L’artista racconta anche gli inizi della sua carriera, “A diciassette anni andai a Londra. Chiesi il permesso a mia nonna, con la quale vivevo. Ho avuto un rapporto fantastico con lei. Capiva perfettamente le mie esigenze. Un giorno le raccontai che avevo fatto l’ amore con un ragazzo. Si preoccupò solo che non fossi restata incinta. Le dissi che a Londra avrei imparato l’ inglese. Partii animata dalle migliori intenzioni scolastiche. Mi trovai mescolata a un gruppo di persone che praticava musica, gente attratta dai locali che allora cominciavano a esplodere con le note dei Beatles e i concerti dei Moody Blues e degli Yardbirds. Fu elettrizzante. Venivo da otto anni di conservatorio. Mi ripromettevo una carriera da pianista o, meglio ancora, di direttore d’ orchestra. Mi ritrovai nello Nel ballo e nello sballo. Qualcuno a Londra mi parlò del Piper, il locale che avevano aperto a Roma, decisi che valeva la pena andarci. Con un maggiolino lasciammo in tre l’ Inghilterra. Dopo una settimana arrivammo a Roma. Non avevo idea di che cosa avrei fatto. Conoscevo la musica, sapevo ballare e anche cantare. Ma nessuno era ad attendermi per un provino”.
Patty Pravo racconta anche degli inizi al Piper, “La fortuna volle che al Piper trovassi Arbore e Boncompagni che cercavano spunti per la loro trasmissione Fui notata e raccontai dei miei trascorsi musicali. Mi presentarono al proprietario del Piper,Alberigo Crocetta, il quale volle sentire come cantavo. Non avevo tecnica, né esperienza. Restò colpito dal timbro della voce e dall’intonazione. La prima canzone che registrai fu la cover di cantata da Sonny & Cher. La traduzione fu di Gianni Boncompagni e la intitolò Imprevedibilmente divenne subito un grande successo. Eravamo alla fine del 1966”.
Patty Pravo racconta anche della sua amicizia con Lucio Battisti, “il ragazzo più spontaneo che abbia mai incontrato. Un giorno all’ aeroporto, sentii uno urlare ‘A Nicole’, ma quanto l’ hai pagato quel cappotto?’. Era Lucio che indossava esattamente lo stesso soprabito. Era fatto così. E se non gli stavi bene ti sfanculava con la rapidità di un cobra. La sua musica è stata geniale e pop come nessun’ altra in Italia”.
L’artista racconta anche della sua amicizia con Lucio Dalla, “lo conobbi che avevo 14 anni. A Venezia. Un artista generosissimo. Diventammo amici. Una sera a Roma, credo fosse luglio, faceva un caldo spaventoso. Uscimmo dall’albergo io in shorts e lui in mutande e ciabatte. Una visione orrenda anche se divertente. Era l’ uomo più peloso che avessi mai visto. La gente ci guardava come fossimo due appena usciti da una seduta psichiatrica. Per un momento pensai che coppia saremmo stati: la bella e la bestia” ed anche con Luigi Tenco, “Di lui è stato detto tutto. Bisognerebbe tacere. Era fragile e affascinante. Ed è giusto che molti ancora oggi lo ricordino con ammirazione”.
Patty Pravo ha alle spalle cinque matrimoni, “Mariti, amanti e qualche amico vero. Un amico che mi manca è Sergio Bardotti. È stato un grande: nella musica e nell’amicizia. Quando abitavo al Pantheon capitava che la notte andassimo a sederci sugli scalini della fontana. Restavamo a volte fino all’ alba. Certe mattine intorno alle cinque vedevamo passare Giulio Andreotti. Era solo e credo che andasse in chiesa, prima di recarsi a lavoro. Sostava un attimo davanti a noi e ci chiedeva come state. E noi, sorridendo: mai stati meglio, presidente. Era quella Roma, dove la sera tardi incontravi Fellini che tornava da una cena: “Ti devi far crescere le tette”, mi diceva. Era quella Roma di cui si è persa traccia. Troppo cambiata, troppo irriconoscibile. Così poco cinicamente confidenziale”.
Aggiungi Commento