Fiorello si racconta a Vanity Fair:
Il bivio di vita, i tanti lavoretti svolti e quell’escamotage che diede il la alla sua carriera professionale. Rosario Fiorello, 58 anni, conduttore radiofonico, cantante, intrattenitore e attore – in onda su Radio Deejay con Il Rosario della sera – si racconta a Vanity Fair Stories:
“Quasi ogni sogno inizia superando una barriera. Quella di Fiorello era la barriera di fil di ferro del villaggio di Brucoli, Siracusa. Nel 1976 lui, ragazzino di Augusta il cui massimo divertimento era «lo struscio nella piazza di paese», ricevette la notizia dell’imminente apertura di un villaggio turistico nel paese a poche centinaia di metri. «Un amico muratore che ci stava lavorando mi disse: “Non puoi capire… qua ci viene u’ mare coi pisci”, che per noi siciliani significa “la fine del mondo”. Ci dicemmo che dovevamo andare a vedere quel villaggio. Provammo a imbucarci come ospiti, ma niente. Dopo alcuni tentativi, uno della compagnia ci propose di tagliare la rete di protezione e entrare. Lo facemmo».
[…] «Entrammo nel villaggio e vedemmo l’Eden: donne in topless, in parei, che ballavano. Vidi questa cosa e cancellai tutto il passato. Volevo arrivare là. Il giorno dopo andai all’ufficio di collocamento. “Qualsiasi cosa mi fate fare, devo entrare nel villaggio Valtur”».
Il primo impiego della vita di Fiorello allora solo Rosario fu come facchino da cucina: «Praticamente, un gradino più sotto del lavapiatti. Lavavo teglie, enormi teglie, con un grembiule gommato, una pompa, una retina e una paletta per scrostare grasso e patate. Mi dicevo: “Morirò dentro una teglia”». No, perché ci fu un altro bivio. «Parlo con lo chef e lo prego di levarmi da lì. Dico che sono bravissimo a cucinare, Che sono sprecato. Mi mette a fare il commis di cucina, ai secondi. Dopo un po’ vedo che i camerieri del villaggio hanno una vita migliore e parlano con la gente. Vado dal caposala, dal nome Pizzaballa. Gli dico di prendermi con lui. Ero di una presunzione ed egocentrismo tremendo».
Il bivio, con gli anni, diventa una scalata: «Dopo un po’ che facevo il cameriere, vidi i baristi, che erano ancora più fighi di me… avevano camicia hawaiana e pantalone azzurrino. Andai dal capobar, tale Carlo Bagnulo. “Carlè, portami con te, non lasciarmi alla sala”. Al bar ho cominciato a esprimere tutto. Preparavo il caffè e contemporaneamente facevo la telecronaca di quello che succedeva, imitando la voce di Sandro Ciotti. I clienti impazzivano».
Dura poco, però, perché nel frattempo Fiorello riceve una cartolina. «Dovevo andare a fare il militare… a Pordenone mi mandarono. -26 gradi». Esperienza strana, la leva, che ti fa desiderare di abbandonarla e ti fa piangere quando la abbandoni: «Quando mi congedai, piansi. Uscii dalla caserma, mi girai e piansi di commozione. Perché lasciai degli affetti, degli amici, e persone problematiche con cui alla fine avevo imparato a relazionarmi».
Tornato in Sicilia, Fiorello si ripresenta in quel villaggio. Il capo lo mette davanti a un nuovo bivio, l’ultimo forse: «Mi disse: “O ti fai riassumere come animatore o te ne torni a casa”. Il problema è che da animatore avrei guadagnato un decimo di quello che guadagnavo come barista”. Dissi di no. Mi avviai verso l’uscita. Quando vidi la scritta “Exit” mi fermai. E mi chiesi: “Ma dove minchia vado?”. Tornai indietro». E questa è la storia di come Rosario diventò Fiorello”.
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