Clip provocatoria del baby rap dal campo Rom, è polemica:
«A scuola non ci vado, forse non hai capito. Sono il prossimo capo, forse non hai capito». Il paradosso è che ha ragione lui: forse nessuno capisce e tutti fingono di non vedere. «Nove anni e come rappo».
Un ragazzino è il protagonista di una clip musicale girata nel campo nomadi di via Bonfadini, un buco nero di Milano che solo nell’ ultima settimana è finito due volte sotto i riflettori per altrettanti incendi, ultimo stadio di un traffico sospetto di auto, rottami e chissà cos’ altro. Il video è su you tube, ed è girato con perizia tecnica.
Non mancano le riprese aeree su una distesa di villette e baracche, in quel campo che per metà è autorizzato e per metà abusivo, provvidenzialmente nascosto fra il muro della ferrovia e quello dell’ Ortomercato.
La canzone dura tre minuti e 16 secondi e segue gli stilemi dell’ hip hop, giovanilistico e sfacciato. Ci si muove fra i rapper urbani e l’ immaginario «gipsy» dei film di Emir Kusturica. Catene d’ oro (vero, a quanto pare), occhialoni, macchinone, go-kart, orecchini, scarpe firmate, aquile e altri oggetti trash. Braccia che mulinano. E strafottenza. «Piscio sopra il tuo mondo – si sente – Non ho voglia, non lo faccio, io comando, sono stanco».
Provocazione? L’ intento forse è quello: spiazzare. Il risultato invece è opposto: una triste, inconsapevole richiesta di aiuto, che induce a tenerezza per le sorti di queste bande di ragazzini che si vedono al volante di auto di lusso. «Scuola no, studio no, fra di voi no» canta il rapper. «Sono pigro, sono fatto, perché mi fumano accanto».
E chi lo guarda pensa: non dovrebbe essere questo il mondo «normale» di un ragazzino che frequenta la quarta o la quinta elementare. «Cosa ho visto, cosa ho fatto, non fanno di me un bambino». Ma con tutto il politicamente corretto del mondo, in situazioni simili non fanno una vita normale e non hanno modelli normali: «Mio padre comanda la zona e come il Re Leone mi lascerà tutto». «Se entri al campo e ne esci intatto, vatti a comprare un santino». «Gipsy gang porta rispetto».
Molti fanno finta di non vedere. «Cosa deve succedere ancora prima che il Comune apra gli occhi?» ha chiesto il presidente del Municipio 4 Paolo Bassi dopo il secondo incendio in sette giorni, l’ ennesimo di una lunga serie. «Via Bonfadini – spiega Oscar Strano, fondatore del comitato Salomone Rinasce – è il centro nevralgico del sistema di potere di questi sinti abruzzesi. Io li conosco da tempo, maneggiano un sacco di contanti. Nella mia classe c’ erano due appartenenti alla stessa famiglia, e a scuola non li vedevo mai».
Strano, oggi presidente del Consiglio municipale, è cresciuto in via Salomone, in quelle Case Bianche che Papa Francesco ha visitato un anno e mezzo fa come emblema delle «periferie esistenziali». Nel protagonista del video ha riconosciuto il nipote di Guido lo zingaro, che da anni spadroneggia in via Salomone.
«Furti, occupazioni, subaffitti delle case popolari», Strano descrive un sistema costruito fra Bonfadini e Salomone. «La mentalità imperante in questo pezzo di Milano che non sembra Milano – racconta – è quella del clan che detta legge. Si sentono padroni e l’ impunità rafforza questa idea, questo modello che si tramanda ai figli e può essere drammaticamente seducente per altri. Si scopre ora, ma questi sistemi e queste logiche si diffondono ormai da anni, anche grazie a una tolleranza particolare, che a me sembra incredibile».
Fonte: Alberto Giannoni per “il Giornale”
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