Laura Pausini ha rilasciato una lunga intervista ai microfoni de ‘Il Corriere della Sera’:
«Sono carica a palla per ciò che sto vivendo negli Stati Uniti e in Centro-Sudamerica: mi sento così tanto amata che ho una voce potentissima. E, come spesso succede, più canto e più la voce migliora. Adatto la scaletta del tour in base alla nazione in cui mi trovo e sto pensando a qualche cambio anche nelle date italiane, ma vediamo… sono ancora indecisa».
Torniamo al Circo Massimo come sarebbe Laura Pausini nella Roma antica?
«Sicuramente una cantante e anche una curiosa del mondo delle costruzioni. In fondo avrei sempre voluto essere un architetto».
Una casa firmata Laura Pausini: minimal o barocca?
«Confesso che il mio sogno attuale è fermarmi e dedicarmi alla ristrutturazione di qualche progetto, ma mi manca un elemento fondamentale per chi fa questo mestiere: la pazienza. Sono viziata, nella musica mi sono costruita un gruppo di persone che vanno a mille all’ ora. Ci ho messo 25 anni a trovarle. Penso sia impossibile individuare di nuovo gente così brava… figuriamoci nel settore edile! Lo stile dipende dalla persona che vive la casa. E io sono barocca e nel contempo minimalista. Sono troppe cose… mannaggia a me».
Riaccendiamo la macchina del tempo: il periodo storico in cui avrebbe voluto vivere?
«Negli anni 60. Sento i racconti dei miei genitori di un’ Italia più spensierata e divertente, un periodo nel quale ancora si parlava e si passava il tempo ascoltando i dischi tenendosi per mano».
Spostiamo le lancette sul futuro. Ha paura di invecchiare fisicamente, mentalmente o artisticamente?
«Ho paura di invecchiare ma soprattutto di perdere la memoria. A volte chiamo le mie compagne di classe per chiedere aiuto nel ricordare momenti vissuti insieme. Mi succede anche sul lavoro. Forse ho fatto troppe cose e correndo troppo. Spero di non dimenticare. Perché i miei ricordi sono pieni di cose di valore: tradimenti, sconforto, persone spregevoli, invidia, cattiveria ma anche i sorrisi di Paola o di mia sorella da piccola, i miei genitori che si scrivono messaggi d’ amore, il mio primo amore, la prima canzone che ho cantato in pubblico, e poi Sanremo, i Grammy, i colleghi illustri che mi guardano ammirati…».
Pausini, Eros Ramazzotti, Nek… dopo quella generazione e la parentesi di Tiziano Ferro all’ estero va solo chi porta il belcanto come Bocelli o Il Volo.
«È un periodo strano per la musica italiana. Bisogna far sentire chi siamo e che non abbiamo nessuna intenzione di mollare la nostra musica, ciascuno nel suo mondo e nel suo genere. Per riuscire a viaggiare con la nostra musica però la cosa fondamentale è avere molta voglia di lavorare. La gente non viene a cercarti a casa, e allora devi lavorare duro. Bisogna essere forti emotivamente e fisicamente, e avere una famiglia e degli amici che ti sostengono. Non c’ è tempo per feste e relax. Mai. La “festa” deve essere la vita che fai. Se non la prendi così non ce la puoi fare».
Da qualche anno vive 6 mesi a Miami e 6 a Roma. Ha mai pensato: basta aerei, basta doppio fuso orario, mi tengo il successo italiano e basta?
«Mi è successo il contrario. Mi è successo di dire basta Italia. Quando ci sono polemiche inventate, o gossippate assurde o giornalisti che inventano una notizia o offendono pesantemente ammetto che non ne posso più. Mi piacerebbe sentire da un certo tipo di persone un po’ del rispetto che so di meritarmi, al di là del gusto musicale. Sono sempre stata rispettosa della mia terra e mi aspetto lo stesso. L’ Italia è il Paese dove vendo più dischi e dove faccio i concerti più grandi ma se non fosse per il mio pubblico ammetto che a volte ho pensato di andarmene perché arrivano giorni nei quali ti senti più fragile, dove ti senti insicuro e ti sembra di non poter sopportare più».
Qual è il suo punto debole?
«Ciò che vivo sul palco è più grande di me ma so cosa fare. Invece quando scendo dal palco mi sembra di non saper fare nulla. Non ho avuto molto tempo per imparare la vita cosiddetta normale. E mi sento un po’ persa nella quotidianità. Non amo essere fragile e quando canto canzoni come Frasi a metà, quella che mi sento meglio addosso adesso, mi ricordo perché l’ ho scritta e perché l’ ho scelta. Amo la versione di me “incazzata” anche se con il passare degli anni sento sempre di più anche la mia fragilità. Mi ricordo anche che avere le palle di dire le cose come stanno e di esigere chiarezza tra le persone è un lato del mio carattere di cui vado fiera».
E ha intitolato Fatti sentire l’ ultimo album. L’ ultima volta che si è «fatta sentire»?
«Mah, io sono una molto esigente sul lavoro, nella vita quotidiana sono molto più pacata, più accondiscendente. Per questo tour abbiamo avuto un intoppo su grafica e contenuti video. A catena un intoppo ferma tutti gli altri settori luci, regia, audio, musicisti, costumi… così siamo arrivati al Circo Massimo senza aver mai provato lo spettacolo intero nemmeno una volta. Per 14 giorni ho dormito 2-3 ore a notte ed ero abbastanza nel panico. Mi sono fatta sentire ma non ho ancora ricevuto scuse, quindi evidentemente non sono poi così brava a farlo».
Questa sera, 31 agosto, suonerà al Radio City Music Hall di New York. Quanto contano il nome e la storia del posto in cui canta? Sente i fantasmi nei camerini?
«Molto spesso fotografo e conservo le foto anche dei camerini. Fa un certo effetto sapere che ci sono stati i tuoi idoli (ride). Ma la vera emozione è sul palco perché senti che lì anche loro hanno sentito quello che provi tu. La prima volta i fantasmi li ho sentiti a Parigi all’ Olympia».
Ha appena ricevuto una medaglia al merito culturale dal parlamento dell’ Ecuador…
«L’ ho dedicata alle donne come Matilde Hidalgo de Prócel, prima donna ecuadoriana a ribellarsi al razzismo e al maschilismo, diventando la prima donna a votare e la prima donna medico in Ecuador. Donne forti, che hanno segnato la storia, come Frida Kahlo, o Evita Perón o Rigoberta Menchu, donne latine che hanno cambiato il mondo».
È sempre stata molto battagliera in tema di diritti civili. In Italia qualcuno prospetta passi indietro sui diritti dei gay e sulla definizione di famiglia e genitore. Che ne pensa?
«Il nostro Paese è arrivato buon ultimo per il riconoscimento dei diritti. Abbiamo conquistato dei traguardi da cui non si può tornare indietro. Sono sicura che non succederà. Ormai è chiaro a tutti che “l’ amore è l’ amore”. E non c’ è altro da aggiungere».
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