Torino, pubblica su Facebook il video di presunti pusher, l’epilogo è tragico:
Ha postato un video su Facebook per denunciare il caos di alcuni nottambuli sotto casa ed è stato aggredito. Preso a calci e pugni. Scaraventato tra i cassonetti della spazzatura. È il racconto di uomo di 43 anni, che giovedì sera è stato malmenato in via Chiesa della Salute, nel quartiere Borgo Vittoria. «Sono vivo per miracolo» spiega.«Erano in sei: due guardavano e quattro mi picchiavano. Non si sono fermati nemmeno quando sono caduto a terra. Mi stavano aspettando. Ce l’avevano con me per un filmato girato dal balcone e pubblicato sul gruppo del quartiere, in cui ho ripreso il frastuono che c’è nella via». Una clip in cui si vedono tre macchine – una bianca, una grigia e un’Enjoy di colore rosso – e un gruppo di persone. L’autoradio a tutto volume, il vociare, scambi tra chi è fuori e chi è dentro l’abitacolo. Forse perdigiorno, quasi sicuramente pusher. Che non volevano essere ripresi e che, una volta visto il filmato, hanno deciso di vendicarsi.
«Stavo tornando a casa, quando mi hanno sferrato un pugno in faccia. Mi hanno chiesto se mi ero divertito a fare il video». L’ha soccorso un giovane del Bangladesh, titolare di un market dall’altra parte della strada. «Sono intervenuto, è ovvio. Lo stavano massacrando. Mi sono messo in mezzo. Lui era spaventato e aveva la faccia sporca di sangue, così l’ho fatto entrare nel mio negozio» racconta. In inglese, perché lui l’italiano lo parla a stento. «C’erano tante persone che guardavano, eppure nessuno ha detto nulla. Non capisco: non puoi stare fermo davanti a un episodio del genere». La vittima ha chiamato i carabinieri e l’ambulanza. Trasportato all’ospedale San Giovanni Bosco con il naso rotto, ha riportato lesioni giudicate guaribili in una decina di giorni. «Non ho paura, ma sono arrabbiato» sbotta. Ieri ha sporto denuncia al commissariato Madonna di Campagna. I suoi aggressori sono fuggiti.
Secondo i testimoni: «Sono un gruppo di nigeriani che bazzicano nella via» spiegano, concordi, quasi tutti i testimoni. «I nomi? Non li conosciamo». Sono soliti ritrovarsi vicino al bar, al civico 109, proprio sotto casa del 43enne. Il locale è aperto 24 ore su 24. Loro si danno appuntamento intorno alle 17 e rimangono nei dintorni sino a notte fonda. «Il bar non c’entra nulla» interviene il titolare, un albanese in Italia da quasi 25 anni. «Non capisco perché le persone debbano prendersela con la mia attività. Lui ha fatto un video, dei ragazzi l’hanno picchiato. Noi cosa c’entriamo? Se fossi stato lì, sarei intervenuto. Queste sere vigilerò, ma il mio locale è tranquillo». Stessa posizione, quella dei clienti. «Le sembriamo criminali? – chiedono – Siamo tutta gente che lavora e che viene a prendersi un caffè o una birra. Quando arriva qualche ubriaco o qualche persona molesta, viene subito allontanato. A volte c’è chi alza un po’ la voce, questo è vero. Ma con quest’aggressione, il bar non c’entra nulla». Il 43enne, che più volte aveva chiesto la chiusura del locale, voleva filmare i nottambuli che non lo lasciano dormire. I suoi aggressori hanno temuto di essere riconosciuti.
Fonte: lastampa.it
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