Steve Jobs, la figlia Lisa parla del rapporto col padre:
Il rifiuto della paternità, i lunghi silenzi, la grande assenza, il vuoto e le parole poche carine dette anche tre mesi prima della morte: “Lisa, odori come un cesso”. Lisa Brennan-Jobs, figlia di Steve Jobs, racconta il suo rapporto con il padre in un libro “Small Fry” che uscirà il 4 settembre.
Le pagine forniscono dettagli senza precedenti sulla relazione travagliata con suo padre, che è stata descritta nel film biografico del 2015, con Michael Fassbender nel ruolo principale. Lisa racconta che per il padre lei era una fonte di delusione e vergogna: «Ero una macchia nella sua ascesa spettacolare. La nostra storia non si adattava alla narrazione della grandezza e della virtù che avrebbe desiderato per se stesso. La mia esistenza ha rovinato la sua immagine. Per me era il contrario: più ero vicino a lui, meno mi vergognavo».
Lisa, ora quarantenne, è nata nel 1978 dopo che Jobs ebbe una relazione quinquennale con sua madre Chrisann Brennan, conclusasi quando lei rimase incinta. Fu necessario un test di paternità per metter Jobs davanti al fatto di avere una figlia, e solo quando ormai la piccola aveva 9 anni si scusò con lei e si avvicinò, senza comunque mai riuscire a far rimarginare le ferite, portando avanti un rapporto teso e difficile.
«Per molto tempo ho sperato che se avessi interpretato un ruolo, mio padre avrebbe assunto il ruolo corrispondente – ha scritto Lisa – Io sarei stata la figlia amata e lui sarebbe stato il padre indulgente. Ho deciso che se mi fossi comportata come le altre figlie, si sarebbe unito al gioco. Avremmo fatto finta insieme, fingendo di renderlo reale. Se avessi ammesso a me stessa ciò che vedevo, avrei saputo che non l’avrebbe mai fatto, e che un gioco di finzione lo avrebbe disgustato».
Descrivendo una delle sue ultime visite a suo padre, tre mesi prima della sua morte, Lisa scrive che quando Steve si addormentò lei fece un giro per casa. Andò in bagno dove vide un’acqua alle rose e se la spruzzò. Quando andò a salutare il padre si avvicinò per dirgli che sarebbe tornata presto. «Quando stavo per andarmene mi chiamò e mi disse che odoravo come un cesso».
«Sai chi sono? Sono tuo padre. Sono una delle persone più importanti che tu possa mai conoscere». Quando Lisa Brennan-Jobs incontrò per la prima volto l’uomo che l’aveva messa al mondo aveva tre anni. Lei era solo una bambina che lo guardava con gli occhi spalancati a Menlo Park, in California.
Lui era già il guru di Apple, Steve Jobs. Il loro rapporto, complicato come sempre è tra genitori e figli, Lisa Brennan-Jobs lo ha raccontato nel libro in uscita a settembre, Small Fry, di cui Vanity Fair ha pubblicato un estratto.
Lisa nacque nel 1978 dalla relazione con Chrisann Brennan, i suoi genitori avevano 23 anni. Servì un test di paternità per convincere Jobs ad accettarla come figlia legittima. In realtà lo aveva già fatto quando decise di chiamare Lisa uno dei nuovi computer Apple, ma servirono anni, ventisette, prima che Jobs decidesse di dire a sua figlia che quella «Lisa» era proprio lei.
Accadde durante un pranzo con Bono degli U2, mentre lei era seduta al tavolo con loro. Ecco il suo racconto. «Ad un certo punto, Bono chiese: “Allora, il computer Lisa si chiama così per lei?”. Ci fu una pausa. Mi preparai alla dura risposta che mio padre mi aveva già dato più volte in passato. Mio padre esitò, guardò il suo piatto per diversi secondi e poi guardò negli occhi Bono: “Si, è così”. Ero in piedi, mi sedetti immediatamente sulla sedia.
“Lo sapevo” disse Bono. “Sì” disse mio padre. Studiai la faccia di mio padre. Cosa era cambiato? Perché lo aveva ammesso ora, dopo tutti questi anni? Certo che quel computer aveva il mio nome! Ma in quel momento la sua bugia proseguita per anni sembrava ancora più assurda. A dire il vero, però, mi sentii sollevata».
Prima di quel momento Lisa e suo padre avevano imparato a conoscersi osservandosi dalla distanza. Poi gli incontri divennero più frequenti, soprattutto nel periodo in cui sua madre Chrisann prendeva lezioni serali al college di San Francisco. «Ogni mercoledì sera andavo a casa di mio padre». Erano pomeriggi di corse sulla Porsche, vacanze al mare, serate alla pista di pattinaggio.
«”Papà posso averla io questa (riferendosi alla Porsche, ndr) un giorno?”», chiese Lisa in una di quelle serate esclusive solo per loro due. «”Assolutamente no. Non avrai niente, capito?” Intendeva la macchina o qualcosa di più grande? Non lo sapevo. La sua voce era acuta, nel mio petto».
Gli anni della scuola sono stati quelli in cui Lisa ha cercato di trovare un equilibrio tra l’essere la figlia di Steve Jobs, l’uomo che stava rivoluzionando il mondo della tecnologia e vivere una vita che non lo faceva trasparire in nessun modo.
«”Ho un segreto”, raccontai ai miei compagni di scuola. “Mio padre è Steve Jobs”. “Chi è?”, chiese uno. “Ha inventato il personal computer. Vive in una tenuta e guida una Porsche cabrio. Ne compra una nuova ogni volta che quella che ha si graffia. Ha anche dato il mio nome a un computer”».
Il 5 ottobre del 2011, all’età di 56 anni, Lisa disse addio per sempre a suo padre. Steve Jobs, dopo una lunga battaglia contro il cancro, mai tenuta nascosta al mondo intero, morì. Nei mesi prima Lisa lo andava a trovare spesso.
«Tre mesi prima della morte di mio padre iniziai a portare via quello che trovavo in casa sua. Andavo in giro a piedi nudi e mettevo in tasca quello che prendevo. Alla fine, mi sentivo sazia». Ogni volta Lisa si ripeteva che sarebbe stata l’ultima ma la necessità di rifarlo tornava. «Forte come la sete».
Vanity Fair/dagospia.com
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