Da testimone a deputata, Piera Aiello si confessa:
Maria Piera Aiello è oggi deputata del M5S, ma ha potuto mostrare il suo volto soltanto dopo le elezioni dello scorso 4 marzo. Per 27 anni ha vissuto lontano dalla sua terra, la Sicilia, perché testimone di giustizia: il marito, Nicolò Atria, figlio del boss Vito Atria, viene ucciso il 24 giugno 1991, proprio davanti a lei. La sua vita è cambiata drasticamente dopo la decisione di denunciare i due assassini del coniuge e l’inizio della collaborazione, unitamente alla cognata Rita Atria, con il giudice Paolo Borsellino. Oggi viene allo scoperto e affida alla testata inglese “The Guardian” le memorie del periodo vissuto sotto falsa identità. Racconta di come per sedici anni abbia dovuto mentire persino alla figlia, finché la ragazza non ha trovato in soffitta dei quadri che Piera aveva dipinto e firmato con il suo vero nome: “Le ho detto di ascoltare e ho iniziato dall’inizio, a mille miglia di distanza da quella soffitta, in Sicilia, dove tutto è cominciato. È ora di dirti chi sono veramente”.
La lotta contro Cosa Nostra Aiello l’inizia a ben prima che il marito venga ucciso e nonostante le minacce subite fin da subito: “Il mio futuro suocero mi aveva avvertito che se non avessi sposato suo figlio, avrebbe ucciso mia madre e mio padre. Non potevo permettere che ciò accadesse”. Così si è trovata suo malgrado a entrare in una delle famiglie più in vista della malavita di Partanna, in provincia di Trapani.
Già durante la gravidanza, in Maria Piera si acuisce il senso di ribellione verso la famiglia del marito e per questo decide di entrare in polizia, nonostante le botte dell’uomo: non supera l’esame di Stato ma dà alla luce una ragazza che chiama Vita.
Il giorno dopo che un clan rivale fa fuori Nicolò scaricandogli addosso quasi un chilo e mezzo di piombo, Aiello va dai carabinieri, ben consapevole che la scelta di “tradire” la famiglia acquisita avrebbe cambiato la sua vita per sempre. “Ho detto ai carabinieri che volevo fornire una testimonianza sugli assassini di mio marito. Il maresciallo dei carabinieri sembrava più preoccupato di me. Sapeva che ero la nuora di Don Vito Atria e sapeva che avrebbero fatto qualsiasi cosa per uccidermi. Mi ha esortato ad andare a Marsala (a circa 60 km di distanza) e parlare con il procuratore distrettuale. Mi ha detto che un uomo era l’unico di cui potevo fidarmi”. L’uomo di cui parla il maresciallo è Paolo Borsellino.
Il giudice la prende subito a cuore: le mette a disposizione una guardia armata, trova a lei e alla cognata Rita una città dove nascondersi e aiuta le due donne a lasciare la Sicilia. “Stavamo nelle stazioni di polizia. Borsellino veniva spesso a trovarci. Avevamo paura. Sapevamo che i capi stavano già tramando le nostre morti. Un giorno, dopo un altro interrogatorio, corsi fuori dalla stanza in lacrime. Borsellino uscì per abbracciarmi. Ho confessato che avevo paura di morire. Mi disse: ‘Non ti accadrà nulla’. Sorridendo, aggiunse: ‘Morirò sicuramente prima di te'”.
Maria Piera riesca a farsi una nuova vita nel Nord Italia con il falso nome di Paola. Lavora come baby sitter e nel tempo libero dipinge. Dopo alcuni anni si innamora di uomo, il primo al quale ha il coraggio di rivelare il suo segreto. Si sposano l’8 agosto 2000 e a celebrare la funzione c’è Don Ciotti, Salvatore Borsellino – fratello di Paolo – è il testimone.
Le loro due figlie crescono per anni all’oscuro di tutto. Finché una di loro non trova in soffitta quei quadri firmati con un nome diverso da quello della madre: “Quella sera ci siamo riuniti tutti in salotto. Alcune settimane prima ero stato contattata da alcuni esponenti del Movimento delle cinque stelle, che mi hanno chiesto di candidarmi per il parlamento nelle prossime elezioni. Non ero convinta, ma mia figlia mi ha persuaso. Ha detto che dopo tutto quello che ho passato, questa è stata un’occasione importante per portare la mia esperienza in parlamento”.
Fonte: TgCom24
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