Nell’inchiesta sullo stadio della Roma, i favori tra il costruttore e Lanzalone: «Io parlo direttamente con Salvini». «E io sento Di Maio tre volte al giorno»
Una cena ‘segreta’ tra Luca Lanzalone, Luca Parnasi, e l’attuale sottosegretario alla presidenza, il leghista Giancarlo Giorgetti, il 12 marzo a casa di Parnasi. Ne riferiscono stamane alcuni quotidiani – tra gli altri, Repubblica, Corriere della sera, Stampa, Messaggero, Fatto quotidiano – basandosi sulle intercettazioni contenute nell’informativa dei Carabinieri di Roma, allegate agli atti dell’inchiesta sul presunto giro di tangenti per accelerare il progetto del nuovo stadio della Roma.
L’abbraccio di governo tra i 5 Stelle e la Lega è nato a casa di un palazzinaro romano, otto giorni dopo il 4 marzo. Quando Giancarlo Giorgetti, braccio destro di Matteo Salvini, e Luca Lanzalone, il fedelissimo di Luigi di Maio, si siedono alla tavola di Luca Parnasi, l’immobiliarista in carcere accusato di corruzione e finanziamento illecito ai partiti.
Dalle intercettazioni pubblicate dai maggiori quotidiani viene riportata la soddisfazione di Parnasi al telefono con il suo commercialista: «Il governo lo sto a fare io, eh! Non so se ti è chiara questa situazione». Il commercialista non sapeva – ma la procura e i carabinieri del Nucleo investigativo di Roma che indagavano, sì – che due giorni prima c’era stata a casa Parnasi una cena riservatissima a tre: «Dobbiamo essere super-parati perché se ci vedono siamo fatti, eh…», spiegava Parnasi a Lanzalone che la faceva facile e pur di conoscere Giorgetti avrebbe pure preso un caffè al bar.
La cena segreta, come riporta La Stampa, era stata preparata da lunghe chiacchierate tra Parnasi e Lanzalone, il 9 marzo, con intermezzo di sms a Giorgetti. Sicuri di non essere intercettati, e guarda tu invece che fanno le microspie. I due si erano annusati a sufficienza sullo stadio, ma ora, una settimana dopo le elezioni, era il momento dello scambio di favori. Perciò Parnasi chiese a Lanzalone di presentargli Luigi Di Maio. Lanzalone: «Allora io vedo Luigi tutti i giorni, lo sento tre volte al giorno, l’ho visto due ore fa, lo risento domani mattina. Però in giro non lo dico, perché per la cosa che fai… parlare poco… con nessuno…». Parnasi: «Sai, io, guarda, su questo… ». Lanzalone: «Luigi è un po’ come… come Salvini… cioè molto chiuso il cerchio. Io, due, tre persone, punto…
Di contro, Lanzalone volle conoscere il leghista che conta da dietro le quinte. E Parnasi era felice di farli incontrare. Parnasi: «Tieni questo rapporto, sai come fare, non chiedere niente». Lanzalone: «No, no…». Parnasi: «Vai tu diretto». Lanzalone: «Comunque, se la faccio informo a te perché è corretto che…». Parnasi: «Sì, informami, ma fino a un certo punto… perché deve anche essere importante che il rapporto sia tra voi». Lanzalone: «Perché tu lo conosci di più e quindi…». Parnasi: «Se hai bisogno sì… Se hai bisogno… Però tieni conto che io parlo anche con Matteo direttamente. Però in questo momento, Giancarlo…». Già, Giancarlo.
Parnasi, all’avvocato Luca Lanzalone, che ieri si è dimesso dalla presidenza dell’Acea, ci teneva a chiarire: «Noi siamo uomini del business». Sottintendeva che gli affari vengono prima di tutto. Non per niente aveva messo a punto il metodo Parnasi. Ovvero soldi a tutti. Sempre istruendo il suo commercialista, Talone, sui 25 mila euro da dare al forzitalista Palozzi, il costruttore a un certo punto dice: «Domani c’ho un altro meeting dei Cinque Stelle… perché pure ai Cinque Stelle gliel’ho dovuti dare eh… mica che…».
Tutto ruotava attorno allo stadio della Roma, che necessitava di mille permessi, e a ogni passaggio era una polemica, uno stop, e una mazzetta. Ma non solo. Il 16 giugno 2017, Parnasi chiama Lanzalone al telefono: «Io sto organizzando questi altri tre pranzi con calma con le tre persone che ti ho indicato». Lanzalone: «Sì, ma adesso non prenderlo come un lavoro, mi dispiace ecco non voglio romperti le scatole più di tanto». Parnasi: «Ma quale lavoro, però, ripeto, è una persona che nel mondo della Chiesa è molto importante, persona molto seria, che secondo me vale la pena che conosci, poi veramente per me è una persona di famiglia. Poi Emanuele Caniggia (amministratore delegato del fondo immobiliare DeaCapital, partecipato dalla De Agostini e dall’Inps, ndr), è sicuramente una Sgr importante, che insomma ha tanti rapporti… comunque un gruppo importante. E il terzo è la fondazione Crt, che comunque per carità anche se opera a Torino però secondo me ha un senso».
Sempre nell’ambito dell’inchiesta, secondo i quotidiani, comparirebbe nel registro degli indagati anche il presidente del Coni Giovanni Malagò. La notizia è riportata da Corriere della sera, Stampa e Messaggero. Il Fatto quotidiano, che parla di ‘giallo Malagò’, riporta che lo staff del n.1 del Coni ha fatto sapere che Malagò, che compare nell’elenco dei nominativi per i quali i pm avevano chiesto una proroga delle intercettazioni telefoniche, ‘non è iscritto nel registro degli indagati’.
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