Documento anonimo nel caso Regeni scagiona i servizi segreti civili, Giulio fu torturato ed ucciso dai Servizi di Al Sisi
La verità sulla morte di Giulio Regeni, il ricercatore italiano all’Università di Cambridge che fu trovato senza vita al Cairo all’inizio di febbraio del 2016, continua a farsi strada.
Giulio stava conducendo una ricerca sui sindacati indipendenti in Egitto che si oppongono al governo del generale Al Sisi. Dopo due anni di depistaggi, da parte del governo egiziano, spunta un documento anonimo che proverebbe che Giulio era stato prima sequestrato dagli 007 civili e poi consegnato ai militari di Al Sisi: da queste mani sarebbe stato torturato e ucciso.
Secondo la ricostruzione fatta da Repubblica, il documento è nel fascicolo d’inchiesta della Procura di Roma: è datato 30 gennaio 2016, firmato da tale colonnello Khaled Faouzi, e porta il timbro dell’intelligence civile, la Nsa, che gli investigatori italiani indicano come la struttura che mise sotto osservazione Regeni.
Il documento è una sorta di “verbale di consegna del detenuto Regeni» da parte del servizio segreto civile della Repubblica Araba d’Egitto ai colleghi del servizio segreto militare. C’è la data del 31 gennaio, e l’attestazione che il giovane italiano è in buone condizioni fisiche, tranne una ferita sanguinante di un centimetro con ematoma sulla fronte dovuta all’urto della testa contro il rubinetto dell’acqua durante il bagno del mezzogiorno di lunedì 29 gennaio 2016”. Dunque, se fosse autentico, proverebbe che le torture e la morte sarebbero causate dall’intelligence militare sotto il controllo della presidenza di Al Sisi. Un importante passo in avanti nella ricerca della verità.
Il trasferimento della custodia da un apparato all’altro sarebbe stato deciso per proseguire le indagini sul conto di Giulio, ritenuto pericoloso perché considerato una possibile spia, in contatto con ambienti sovversivi. Nel documento si riferisce che il ricercatore ha respinto entrambe le accuse, e si dà conto di altri dettagli. Ma ci sono forti dubbi sulla sua autenticità. Dalle prime verifiche effettuate dagli inquirenti romani, attraverso la polizia giudiziaria e i servizi di informazione italiani, non ci sono elementi per certificarne la genuinità; anzi, per come è confezionato prevale il sospetto che sia un falso, sebbene il testo possa contenere qualche particolare vero o verosimile. In ogni caso il magistrato ha trasmesso il presunto verbale alla Procura egiziana, ma finora non è giunta nessuna risposta.
In un video, fatto dal regista Marco Bechis, con immagini tratte Garage Olimpo, film drammatico sui desaparecidos argentini, la voce della mamma Paola Deffendi ripercorre quanto è accaduto a suo figlio con un appello a due anni da quello scempio: non dimenticare la violazione dei diritti umani verso Giulio e tante altre persone.
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