Scoppia la polemica sul bottone rosso della Polizia
È guerra alle fake news. Pugno duro del Viminale contro le bufale in rete con il ‘bottone rosso’ della Polizia, una finestra presente sul sito della Ps online che consentirà ai cittadini di segnalare tutte quelle notizie ritenute palesemente false o quantomeno sospette. Un servizio che, soprattutto in vista delle elezioni, nelle intenzioni del ministro dell’Interno Marco Minniti che l’ha presentato ieri, servirà “a tutelare le persone di fronte a clamorose notizie infondate”, “uno strumento del tutto trasparente e legittimo di servizio pubblico”, ha spiegato, senza “nessuna idea di entrare nel dibattito politico”. A finire sotto l’occhio della polizia postale – che verificherà le notizie segnalate per poi, una volta accertata l’infondatezza, di volta in volta dare risalto a eventuali smentite ufficiali, rimuoverla tramite i provider o, nel caso si fosse in presenza di reato, segnalarla all’autorità giudiziaria – saranno quindi notizie come, ad esempio, quella, clamorosamente fasulla, dei funerali di Toto Riina.
Secondo quanto riferisce Adn Kronos, però, non è stata accolta con il calore sperato la strategia anti bufala pensata dal Viminale. A scatenare la bufera fra semplici utenti e operatori dell’informazione è infatti l’idea di un ‘Ministero della Verità’ di orwelliana memoria. E a decine hanno deciso di protestare sui social.
Tra le voci più autorevoli del dissenso, quella di Arianna Ciccone, ideatrice del Festival Internazionale di Giornalismo di Perugia: “Quello che preoccupa e inquieta – scrive infatti la cronista su Facebook – è la mentalità che sottintende una iniziativa del genere. Un Ministero dell’Interno che delega la polizia a stabilire cosa è vero e cosa è falso. Lo fanno per proteggere i cittadini disarmati dalle false informazione. Non è compito dello Stato stabilire la verità. Quello lo fanno nei regimi autoritari. E se non siamo di fronte a un attacco diretto alla libertà di espressione, siamo comunque a piccole gocce di “veleno” instillate nelle vene della nostra democrazia”.
Ma Ciccone non è l’unica a criticare l’iniziativa denunciandone l’ambiguità. Su Facebook e Twitter sono in tanti a ‘ribellarsi’ al bottone rosso, definito “strumento per zittire l’informazione scomoda”, “censura di Stato”, “delazione di Stato”, “irragionevole”, “inefficace”, che autorizza “il ministero degli Interni a dirci qual è la verità”, introducendo il “concetto che la polizia possa giudicare arbitrariamente la liceità delle notizie”. “Chi controllerà i controllori?”, si chiede più di qualcuno.
“Nessun Grande Fratello”, chiarisce Minniti rispondendo alle accuse, e ribadendo insieme al capo della Polizia Gabrielli che non ci sarà “nessuna interferenza con la campagna elettorale, nessun intervento sulle dichiarazioni di esponenti di partiti, nessun Grande Fratello che farà le pulci alle opinioni politiche ma solo un servizio pubblico che già, c’era e che vuole essere migliorato e reso più efficiente in un momento delicato per il Paese come è quello delle elezioni”. Ma la polemica non sembra finora placarsi
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