Il boss Stefano Ganci stroncato da un infarto in carcere
È morto Stefano Ganci. Uno dei fedelissimi di Totò Riina è stato colto da un’improvvisa crisi cardiaca che gli è stata fatale. Stava scontando l’ergastolo nel carcere di Parma. Per fugare ogni dubbio la procura ha disposto l’autopsia, anche perché il boss aveva 55 anni ed era uno dei superkiller di Cosa nostra che conservava molti segreti sulla stagione delle stragi mafiose. Il carcere a vita è la condanna per aver partecipato agli eccidi che portarono all’uccisione del consigliere istruttore Rocco Chinnici (1983) e del vicequestore Ninni Cassarà (1985). Ganci era stato anche condannato, a 26 anni, per aver fatto parte del commando che pedinò Paolo Borsellino la mattina della strage del 19 luglio 1992.
Stefano Ganci era il figlio di Raffaele, autorevole capo del mandamento della Noce, e fratello di Mimmo e Calogero anch’essi killer, quest’ultimo poi aveva scelto di collaborare con la giustizia dopo l’arresto. E proprio Calogero svelò tanti segreti di famiglia. “Riina aveva la Noce nel cuore”, si diceva in Cosa nostra. I Ganci, ufficialmente titolari di alcune macellerie, stando alle dichiarazioni dei pentiti, custodivano la latitanza del capo dei capi, ed erano anche il suo gruppo operativo.
“Verso la fine del 1991 Mimmo Ganci mi disse che lui e suo fratello avevano partecipato a un incontro in cui si discusse di un progetto di seccessione della Sicilia, un progetto per destabilizzare lo Stato” ha rivelato Antonino Galliano, anche lui fidato componente del clan della Noce. Il funerale pubblico del boss è stato vietato dal questore di Palermo Renato Cortese.
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