Una mummia di un bambino del 1500 sepolto a Napoli ha rivelato che il virus dell’epatite B è immutato da secoli
Un caso irrisolto per secoli, la morte di un bambino del 1500, sepolto nella Basilica di San Domenico Maggiore a Napoli, trova oggi soluzione grazie ad un team di esperti che sono riusciti ad isolare il Dna dai resti mummificati.
Dalla mappatura genetica è risultato che il bambino è stato infettato dall’Hbv, cioè dall’epatite B e non dal vaiolo come si era ipotizzato in precedenza. Inoltre le eruzioni cutanee sul viso sono riconducibili ad una forma di dermatite chiamata Gianotti-Crosti, che al tempo avrebbe potuto essere scambiata erroneamente per vaiolo.
Ma l’aspetto maggiormente interessante di questa ricerca, portata avanti dal gruppo dell’università’ canadese McMaster di Hamilton guidato da Hendrik Poinar e pubblicata sulla rivista Plos Pathogens, è che il virus dell’epatite è rimasto pressoché identico col passare dei secoli.
Il virus dell’epatite B che tormenta ancora oggi l’uomo, ha infatti caratteristiche che sono cambiate molto poco nell’arco di centinaia di anni e ce lo dice proprio la mappa genetica del virus scoperto nella mummia del bambino del XVI secolo.
I ricercatori hanno notato che, mentre la maggior parte dei virus evolve molto rapidamente, a volte anche solo nel giro di qualche giorno, quello dell’epatite B e’ cambiato molto poco negli ultimi 450 anni e ha avuto un’evoluzione complessa.
Anche se i ceppi antichi e quelli piu’ recenti del virus sono molto simili, entrambi sono privi di quella che viene definita ‘struttura
temporale’. In altre parole non e’ possibile quantificare l’evoluzione che ha avuto nei 450 anni trascorsi. “Piu’ sappiamo
sul comportamento delle pandemie ed epidemie del passato – commenta Poinar – e meglio possiamo comprendere come si comportandoi virus e batteri di oggi, per cercare di controllarli”.
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