Ferzan Ozpetek racconta del suo personale viaggio dentro Napoli Velata
Il regista Ferzan Ozpetek, acclamato per film come La finestra di fronte e Mine vaganti è nelle sale dal 28 dicembre con Napoli Velata. Il film ha letteralmente diviso la critica, tra chi lo ha trovato un linea con le precedenti opere del regista e chi, invece, lo ha pesantemente demolito come il Corriere del Mezzogiorno.
Ferzan Ozpetek con un lungo post sul suo profilo Facebook spiega la sua idea del film, della trama e dell’ambientazione a Napoli.
“Ogni film, anche se ha una sua oggettività tecnica, in realtà è sempre completamente soggettivo: ogni spettatore porta via con sè il proprio film, lo fa suo, sia che gli piaccia o no. Per questo io amo e rispetto ogni opinione su quello che ho fatto, perchè ogni critica (positiva o negativa) e ogni riflessione mi fanno scoprire spesso cose nuove sul film e mi raccontano anche molto di chi le fa”, scrive Ozpetek.
“Per questo il dibattito che si è aperto naturalmente intorno a “Napoli velata” mi fa molto piacere. Non c’è niente di peggio per chi fa una qualsiasi opera che cadere nell’indifferenza”, continua il regista.
“E’ ovvio che non ho raccontato Napoli com’è o come dovrebbe essere. Ho raccontato il mio personale viaggio “stordito e abbagliato” dentro Napoli. La città ha un diretto rapporto con gli Inferi, metafora di quell’eterna lotta tra Vita e Morte che in realtà è la dichiarazione di una convivenza: quella tra Razionalità e Irrazionalità . E mi sembra che anche le reazioni di parte del pubblico riflettano questa duplicità : chi cerca la chiusura del cerchio razionale di tutto e chi invece si abbandona al flusso delle suggestioni”.
“Quando sono stato per circa due mesi a Napoli per “La Traviata” un mio amico, durante una passeggiata su per la salita di Capodimonte, mi ha detto che lì Carlo III scendeva da cavallo e continuava a piedi. Per un momento mi è sembrato persino di vederlo e allora ho capito come ogni angolo della città sia pieno dei fantasmi della sua storia.
Dovevo solo scegliere come rappresentarla. L’ho fatto attraverso una donna, perchè Napoli, ai miei occhi, è femmina. Così Napoli è diventata Adriana, il personaggio interpretato da Giovanna Mezzogiorno, che ho fatto camminare su due binari narrativi razionali: l’inchiesta poliziesca e lo sviluppo psicologico del suo trauma. Senza mai però cedere nè alle leggi del Thriller nè a quelle della Psicanalisi, altrimenti mi avrebbero tolto il Mistero della Passione, che è l’unico elemento che mi interessava.
La Passione è il vero tema del film, quella tra due esseri umani ma anche quella per una città e soprattutto per il Cinema”.
Poi conclude, “Spero di essere riuscito ad accogliere Napoli dentro di me tanto quanto Napoli stessa è stata generosa a prendermi. Ma per lei è stato facile: mai terra è stata così curiosa dell’altro da sè, così pronta a fare sue le storie degli altri, anche quelle più nascoste e segrete”.
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