Vercelli, insulti razzisti del segretario della Lega all’autista del 118
Giampiero Borzoni segretario della Lega Nord e consigliere comunale a Vercelli avrebbe insultato l’autista del 118 che stava soccorrendo suo padre con frasi razziste: «Marocchino di m…» assieme ad un’altra sequela di insulti. La procura ha aperto un fascicolo sulla vicenda accaduta nella notte tra il 19 e il 20 dicembre. L’operatore del 118, infatti, ha denunciato il segretario del Carroccio per ingiurie. Assistito dal suo avvocato Franco Bussi ha portato la registrazione degli insulti ai carabinieri e ha raccontato quello che gli era successo.
Secondo quanto riferisce ‘La Repubblica’ da sei anni il giovane, R. A., di origini nordafricane, fa l’autista per la Croce Rossa a Vercelli. Ma la scorsa settimana gli è successo qualcosa che non avrebbe mai potuto immaginare: quando si è presentato a casa del padre del segretario della Lega, infatti, si è sentito apostrofare dal figlio: “Marocchino di m… lascia stare la barella”, e altre offese. «Voleva dirmi come fare perché lui è infermiere», ha spiegato l’autista ai carabinieri, che per evitare altri problemi è dovuto rimanere sulla porta di casa: nell’alloggio è potuto entrare solo il collega che ha portato a termine il soccorso.
Secondo quanto denunciato dal giovane soccorritore, Borzoni avrebbe continuato la sua “performance” anche più tardi, al pronto soccorso. “Ha minacciato di farmi licenziare”.
Per questo alla fine il ragazzo ha deciso di presentare una denuncia. Dopo la quale Borzoni ora si scusa: “Avevo mio padre grave – dice – chiedo scusa per aver perso le staffe nella concitazione del momento. Sono frasi dette senza alcun intento razzista. Non c’è razzismo né nell’attività politica della Lega, né a livello personale: prova ne è che la sezione di Vercelli ha tesserati anche di provenienza nordafricana con cui siamo amici”.
Nella ricostruzione del segretario leghista l’oggetto della discussione è la posizione della barella. «Mio padre aveva forti dolori allo stomaco. Ho solo consigliato una cosa, dal momento che lavoro in sanità da anni – racconta – Mi è stato risposto che l’autista aveva la responsabilità dell’ambulanza e quindi comandava lui. A quel punto mi sono arrabbiato. Ero preoccupato per mio padre. Quell’uomo non si è nemmeno identificato e io non ho voluto che entrasse in casa perché non mi fidavo del suo operato. Avrei potuto denunciarlo io per il suo comportamento ma poi, a mente fredda, ho deciso di non farlo».
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