Le asportano il seno per un tumore, ma non era malata. Caso grave di malasanità a Venezia
Le hanno asportato il seno per un sospetto tumore e per tre anni ha vissuto nel terrore di non essere guarita. In realtà, non era mai stata malata. È la storia di una 47enne di Chioggia (Venezia), vittima di un duplice errore: il primo commesso dal laboratorio nell’analisi dei tessuti e il secondo dai sanitari dell’ospedale di Chioggia. Dopo una causa durata cinque anni, la donna ha vinto: la sentenza del Tribunale civile di Venezia ha condannato l’Ulss 14 di Chioggia e il laboratorio a risarcirla per le lesioni subite a causa dei gravi sbagli, addebitando alla prima una responsabilità dell’80%. Lo riporta Il Gazzettino.
L’intuito della donna e l’errore del laboratorio – Il calvario iniziò nel 2007, quando la donna fu sottoposta a mastectomia. Poi l’iter post-operatorio. Ma qualcosa non tornò: alla 47enne, infatti, non fu prescritta nessuna radioterapia. Lei, invece, confrontandosi con altre pazienti scoprì che tutte venivano curate. È a questo punto che decise di rivolgersi a uno studio legale. Un medico di fiducia degli avvocati analizzò l’esito dell’esame istologico effettuato sui tessuti prelevati con agobiopsia, dopo la mastectomia, e concluse che non vi era alcun tumore. Da qui l’avvio della causa civile. E questo fu il primo errore. Infatti, i consulenti tecnici nominati dal Tribunale contestano al laboratorio diagnostico di “non aver correttamente svolto le analisi dei referti prelevati con agobiopsia”. Non solo. Sempre secondo la sentenza, di fronte ai risultati emersi dall’analisi di un campione ridotto di tessuto “sarebbe stato opportuno procedere a ulteriori accertamenti”. Ad ogni modo, le conclusioni dovevano essere espresse “in termini di cauto sospetto”.
L’ospedale di Chioggia – I medici dell’ospedale di Chioggia, invece, decisero di intervenire con l’asportazione totale della mammella – senza fare ulteriori accertamenti – mentre avrebbero dovuto limitarsi a togliere il linfonodo sentinella con quadrantectomia (asportazione chirurgica mirata e meno invasiva). “Un errore terapeutico, qualificato come grave leggerezza», si legge nella sentenza. Errore aggravato dopo l’operazione, “quando la paziente non è stata informata dell’esito negativo delle proprie analisi e si è quindi sottoposta ad esami e controlli nell’erronea convinzione di essere una paziente oncologica”. Il giudice ha, dunque, concluso che: “L’ospedale o ha commesso un errore diagnostico nell’interpretare le analisi svolte sulla paziente dopo il primo intervento, oppure ha omesso di informare la paziente che le analisi avevano escluso la presenza del carcinoma”.
La battaglia legale – Gli avvocati della donna – Guido Simonetti ed Enrico Penzo – hanno annunciato che proseguiranno la battaglia legale per ottenere il risarcimento di tutto il danno biologico patito. E questo sarà, probabilmente, oggetto della probabile causa di appello.
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