Le motivazioni dei giudici sull’omicidio della piccola Fortuna
Un uomo “privo di qualsiasi senso morale” e un muro di omertà che lo ha protetto a lungo. Questi due dei punti principali che emergono dalle motivazioni della sentenza di condanna all’ergastolo del carnefice e assassino della piccola Fortuna Loffredo, la bambina più volte violentata da Raimondo Caputo, fino all’uccisione, il 24 giugno 2014, quando la piccola venne lanciata nel vuoto al Parco Verde di Caivano (Napoli).
L’indagine, dicono i giudici, è stata condizionata dal “clima di assoluto controllo e manipolazioni delle dichiarazioni” imposto dai familiari alla bambina che aveva assistito all’uccisione di Fortuna, da tutti conosciuta con il soprannome di Chicca. La bimba non ha potuto raccontare l’orrore che aveva visto con i suoi occhi, e come lei anche le sorelline, finché non è stata allontanata dalla famiglia e affidata ad una casa famiglia, dove finalmente ha potuto confidarsi prima con le operatrici, poi con gli psicologi e i magistrati.
Proprio la testimonianza dell’amica del cuore, che ha racconato agli inquirenti di aver visto lanciare nel vuoto la piccola Fortuna, è tra gli argomenti più importanti delle motivazioni dell’ergastolo a Caputo e dei dieci anni alla ex compagna Marianna Fabozzi, riconosciuta responsabile di concorso negli abusi sessuali commessi da “Titò”, oltre che su Federica, su altre tre bimbe.
La sentenza viene pronunciata il 7 luglio dalla Quinta sezione della Corte di Assise di Napoli e le motivazioni sono contenute in 186 pagine che ripercorrono minuziosamente le varie fasi delle indagini, ostacolate dal clima di omertà denunciato dai giudici. Motivazioni che esaminano nei dettagli tutti gli elementi per cui la Corte ha scelto il massimo della pena a chi spinse nel vuoto la piccola Chicca perché si era ribellata al tentativo di violenza, l’ennesima, contro la piccola.
Titò viene classificato come un “sex offender”, un uomo che abusava di Federica e con lei di altre bambine del palazzo del Parco Verde. E lo faceva coperto dalla Fabozzi: la donna, pur avendo assistito a quelle ripetute violenze, non lo aveva mai denunciato.
Nella sentenza viene anche riportata la frase liberatoria affidata dall’amichetta-testimone al suo diario dopo aver raccontato di aver visto Titò sul terrazzo che tentava di violentare Chicca. “Finalmente ho detto tutta la verità – scrive la piccola -, sono felice ora, mi sento più tranquilla e felice. Quello deve pagare per quello che ha fatto”.
La Corte di Assise, che confuta i tentativi di crearsi un alibi da parte dell’imputato, giudica che il processo “ha fornito elementi plurimi e convincenti per affermare che il giorno dei fatti Raimondo Caputo, nella deliberata esecuzione di un atto di predazione sessuale ai danni di Fortuna, l’ha portata con sè sul terrazzo all’ottavo piano ed è rimasto con lei fino al momento in cui la lancia nel vuoto”.
“In ogni caso, quale che sia la ragione contingente che ha spinto Caputo all’omicidio – scrivono i giudici a proposito del movente del delitto -, essa si appalesa comunque come aberrante e perversa, priva di qualsiasi senso morale e rispetto per l’altro”. E poi c’è il ruolo di Marianna, la ex compagna, che, scrivono i magistrati, “ha avuto conoscenza o conoscibilità di condotte abusanti del suo convivente. Ha di fatto accettato il maessere delle bimbe e rinunciato a qualsiasi pur minima azione doverosa per impedirlo. Ha sacrificato la integrità morale e psicofisica delle bimbe per offrire appoggio e copertura a un uomo talmente depravato da accusarlo di averlo costretto ad abusare della figlia per mero scopo di compiacenza o convenienza personale”.
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