Silvia Provvedi, fidanzata di Fabrizio Corona depone in aula, “tornava a casa con buste piene di soldi”.
“Tornava a casa con buste di contanti, da 5, 10, 20, anche 25mila euro. Le teneva nei giacconi in un ripostiglio vicino alla camera da letto e poi le portava in ufficio, erano i soldi delle sue serate e del suo lavoro e io mi facevo i fatti miei”. Così Silvia Provvedi, del duo musicale ‘le Donatelle’ e fidanzata di Fabrizio Corona, testimoniando nel processo a carico dell’ex agente fotografico, ha raccontato ai giudici che Corona, così come sostenuto dalla difesa, guadagnava dalle ospitate nei locali e dalla sua attività di testimonial centinaia di migliaia di euro in nero.
Corona è a processo per i circa 2,6 milioni di euro in contanti trovati in parte in un controsoffitto e in parte in Austria.
Silvia Provvedi ha raccontato ai giudici di avere conosciuto Corona nel luglio 2015 a Lonate Pozzolo “dove mi ero recata per il lancio della testata di Playboy. Io e mia sorella eravamo in copertina, Fabrizio si occupava della direzione artistica”. “Tempo un mese di collaborazione professionale – ha raccontato la cantante – ed è nata tra noi anche una relazione affettiva. Nell’aprile del 2016 sono tornata dal Marocco, dove ero stata per lavoro, e abbiamo cominciato a convivere a casa sua. Il nostro rapporto si è consolidato.
“Io ero a conoscenza di tutto il suo lavoro – ha aggiunto – e vi posso raccontare la sua giornata tipo. Alle 9 andava in palestra, poi in ufficio e io andavo a prenderlo intorno alle 21, il tempo di fare la spesa, cose che fa una coppia normale, e poi alle 22 doveva rientrare (in quel periodo Corona era soggetto alle restrizioni stabilite dal tribunale di sorveglianza, ndr). Ha sempre lavorato moltissimo e si concedeva pochi svaghi. Questo creava anche un un clima pesante per la coppia”.
Sollecitata dal legale di Corona, Provvedi è tornata sulla lite con l’ex calciatore Giuseppe Sculli, denunciato dall’ex fotografo dei vip per tentata estorsione. Corona ha raccontato che lo avrebbe minacciato e poi sarebbe esplosa la bomba sotto la sua abitazione vicino corso Como. Le indagini però non hanno portato “a elementi sufficienti per un suo coinvolgimento nell’episodio dell’esplosione”, aveva chiarito in aula Liliana Ciman, dirigente della sezione criminalità organizzata della squadra mobile di Milano.
“Il 23 luglio eravamo in un locale di Milano, il Radeztsky, e ho notato che Fabrizio aveva un segno in faccia ed era sotto shock – il racconto della giovane – mi ha detto di stare tranquilla perché non era nulla di preoccupante. Mi ha spiegato di essere stato aggredito da due uomini, di cui uno era Sculli. Dopo qualche giorno, mi ha riferito di avere subito una richiesta estorsiva da Sculli di 50mila euro. Mi sono preoccupata, ho letto su internet che lui è il nipote di qualcuno non raccomandabilissimo”. L’uomo è il nipote di Giuseppe Morabito detto ‘U Tiradrittu’ capo della cosca di Africo.
Sulla bomba sotto casa, Provvedi ha detto: “La polizia ci mise molto ad arrivare, una quarantina di minuti. C’era anche una seconda bomba inesplosa nel cestino. Sono stata chiamata anche io per testimoniare, i poliziotti mi notificarono l’avviso per la convocazione in casa e Fabrizio si arrabbiò con loro, non capiva perché volessero chiamarmi. Voleva proteggermi ma io, anche se sono molto giovane, non avevo problemi a raccontare quello che era successo. Il giorno dell’interrogario, il poliziotto Izzo mi fece delle strane domande sul patrimonio di Fabrizio, che non c’entravano niente con la bomba. Io ero tranquilla, Izzo invece era molto agitato, ma non era compito mio calmarlo”.
Infine, Provvedi ha anche ricordato lo stato d’animo di Corona il giorno del suo arresto, il 10 ottobre 2016: “Lui era molto arrabbiato, perché da parte lesa era diventato colpevole”. Prima di Silvia Provvedi, ha deposto un altro teste chiamato dalla difesa, il giornalista Gabriele Parpiglia, ex della scuderia di Corona. “Non ero a conoscenza dei soldi che Fabrizio teneva nel controsoffitto della Persi – ha affermato – se lo avessi saputo gli avrei fatto un c… così”.
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